La rivoluzione egiziana non ha toccato i militari
"Noi, Popolo d'Egitto, nel nome di Dio misericordioso e con il Suo aiuto dichiariamo questa la Nostra Costituzione, il documento della rivoluzione del 25 gennaio, la quale fu iniziata dai nostri giovani, abbracciata da nostro Popolo e sostenuta dalle nostre forze armate".
Justin Orlando Frosini |
Il primo paradosso che si individua leggendo il preambolo della Costituzione egiziana approvata con referendum nel dicembre 2012 è quello dell'inclusione dell'esercito tra i soggetti che hanno sostenuto la rivoluzione con la quale è stato rovesciato Mubarak. Ebbene sì, l'esercito egiziano, spina dorsale del precedente regime, è stato il "garante" della transizione al nuovo ordine e tutto questo senza far rumore. Come ha sottolineato Tom Ginsburg, docente di diritto costituzionale comparato all'Università di Chicago e co-direttore del Comparative Constitutions Project, durante un processo costituente breve, ma molto dibattuto, "i militari sono rimasti tranquillamente nelle loro caserme ben sapendo che qualunque cosa fosse successa loro avrebbero comunque mantenuto un status privilegiato nella nuova Costituzione". E che le forze armate siano tra i "vincitori" è infatti confermato dalla lettura di altri articoli del testo costituzionale.
La nuova carta fondamentale stabilisce che il Ministro della Difesa debba essere scelto tra gli ufficiali dell'esercito. Inoltre, il Consiglio nazionale di difesa è stato diviso in due organi separati, vale a dire il Consiglio nazionale di sicurezza, composto prevalentemente da civili, e un nuovo Consiglio nazionale di difesa composto in maggioranza da ufficiali militari. Tale soluzione assume importanza per il controllo del bilancio delle forze armate, che costituiva una delle maggiori preoccupazioni dell'esercito al momento della definizione del nuovo assetto costituzionale. Considerata l'ampia autonomia di cui avevano goduto sotto il regime di Mubarak, è evidente che fosse prioritario evitare la previsione di un controllo da parte del neo-eletto Parlamento. La soluzione prevista dalla Costituzione rappresenta un compromesso che sicuramente soddisfa l'esercito, in quanto è previsto che a discutere del bilancio sia proprio il nuovo Consiglio nazionale di difesa, dove appunto i componenti militari sono in maggioranza.
Ma le "conquiste" dell'esercito non finiscono qui poiché il Consiglio nazionale di difesa dovrà essere consultato non solo in caso di presentazione di progetti di legge relativi a temi militari, ma anche nel caso di una possibile dichiarazione di guerra o dispiegamento di truppe all'estero. Ragionando in termini geopolitici ciò assume fondamentale importanza in quanto (in teoria) impedirebbe al governo dei fratelli musulmani di dichiarare guerra sulla mera base della maggioranza parlamentare, salvaguardando la fragile pace tra Egitto e Israele.
Infine, veniamo ai rapporti tra l'esercito e i cittadini. Poniamo l'ipotesi, purtroppo non tanto remota, che vi siano scontri fisici (o anche solo verbali) tra dimostranti e personale militare. Ebbene, in parziale continuità con il precedente regime, i dimostranti potrebbero essere chiamati a rispondere davanti ai tribunali militari per reati contro le forze armate. Ovviamente 'the proof is in the pudding', ossia quello che conta sono i fatti, in quanto molto dipenderà da come queste disposizioni della nuova Costituzione saranno interpretate, ma indubbiamente sorge il dubbio che la rivoluzione egiziana sia stata colpita dalla sindrome del Gattopardo: tutto cambi perché nulla cambi... per l'esercito almeno.