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La riforma elettorale facciamola insieme

, di Angelo J. Soragni - PhD Candidate in diritto internazionale dell'economia alla Bocconi
L'ideale è un sistema che riprenda elementi che funzionano all'estero, ma adattandoli al nostro sistema. La riforma condivisa di Violante sembra un buon primo passo

Cercare le basi di una riforma condivisa: questo è il vero, primario ostacolo per una riforma elettorale per l'assegnazione dei seggi al parlamento italiano.
Un testo condiviso a monte che possa essere costruito insieme, non quindi con una mediazione successiva, partendo da una proposta di parte, a valle.

Per questo il progetto Violante, condiviso da Adornato e Bocchino (Terzo polo) e Quagliariello (Pdl), sembra essere una soluzione condivisibile.

Non si può partire da zero, applicando al nostro paese un sistema elettorale che funziona altrove come potrebbe capitare prendendo in blocco il sistema proporzionale alla tedesca o il maggioritario a doppio turno alla francese e utilizzandolo nel nostro contesto nazionale.

L'Italia ha una base istituzionale sessantenaria sia per quanto riguarda il sistema elettorale, sia per i meccanismi costituzionali di governo della cosa pubblica.

Detto questo, si possono però certamente prendere spunti validi
dai modelli a parlamentarismo razionalizzato e semi-presidenziali europei com'è stato fatto in tale frangente.

Appare, infatti, auspicabile l'introduzione di un bicameralismo imperfetto (si veda il modello tedesco) con un rapporto fiduciario del governo con la sola camera bassa e l'introduzione del cosiddetto senato federale delle autonomie. Su tale aspetto il modello teutonico appare il più limpido ed efficiente con quello strumento che è la sfiducia costruttiva (ovverosia la rimozione di un esecutivo solo allorquando la camera bassa sia in grado di definire prontamente una nuova maggioranza), cooptato anche nel Regno di Spagna, capace di mettere un limite ai trasformismi, vero problema del nostro sistema politico.

L'Italia è, infatti, l'unico paese occidentale dove è vigente ancora il cosiddetto "bicameralismo perfetto", con due camere aventi esattamente gli stessi poteri legislativi e il connesso obbligo della votazione da parte dei due rami del parlamento di tutti i progetti di legge con la spesso affannosa consuetudine delle navette tra le assemblee.

Anche tale faticoso e inefficiente sistema deve necessariamente essere superato dai nostri rappresentanti politici.

Per ciò che concerne il sistema elettorale, una volta riflettuto sulla condivisione da parte di tutte le forze politiche, in quanto le regole del gioco devono essere concretizzate con l'apporto di tutti, il punto nodale verte sostanzialmente sulla necessità di apportare qualche correzione maggioritaria ad un sistema proporzionale, storicamente preferito dal paese, a favore delle forze più votate per mantenere una certa tensione bipolare oramai apprezzata nell'ultimo ventennio di storia politica.
Un sistema ispano-tedesco per la precisione, semplice da comprendere per l'elettore e lineare nelle sue conseguenze per le forze politiche.

Non solo quindi il ricorso allo sbarramento (potrebbe andare bene un 4%, come già attualmente accade alla Camera dei Deputati, o un 5%, di derivazione tedesca), ma anche una sorta di premio di maggioranza a quelle forze capaci di superare l'11% (così recita l'attuale bozza dell'On. Violante) permettendo alle forze minori di entrare in parlamento ma senza quel deleterio potere di veto, troppe volte fatto pesare ai partiti maggiori e più rappresentativi.

A ciò deve, infine, collegarsi anche una razionalizzazione della rappresentanza parlamentare con una sostanziale e condivisa riduzione del numero dei parlamentari. Non quell'impensabile dimezzamento gridato in modo propagandistica da alcuni movimenti di opinione sul territorio nazionale, ma un riequilibrio possibilmente sulla base del numero degli abitanti della nostra Repubblica con riferimento ad altre esperienze europee (si pensi, per esempio, alla rappresentanza nella Repubblica semi-presidenziale francese con circa 570 deputati ed una popolazione di poco superiore a quella italiana).