La riforma dell’Unione europea
La recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009) è passata relativamente sotto silenzio e sono ancora poco noti i cambiamenti che la riforma apporta all'impianto istituzionale europeo. La fine del dualismo Comunità/Unione è un evento storico. Alla Comunità europea figlia dei trattati di Roma è stata affiancata nel 1992 l'Unione europea. Comunità e Unione hanno rappresentato per poco meno di un ventennio le due facce dell'integrazione europea: due modelli in competizione, simboli della difficoltà degli Stati membri di integrarsi maggiormente e al contempo dell'aspirazione ad estendere la cooperazione europea a settori espressione del potere sovrano degli stati. Fino allo scorso dicembre, Comunità e Unione erano due distinte realtà, ciascuna dotata di proprie dinamiche e potenzialità di sviluppo: la prima sotto il controllo diretto delle Istituzioni europee e la seconda nelle mani degli stati.
Il superamento del dualismo è stato inteso non solo in chiave di semplificazione, ma come percorso per riportare ad unità il processo di integrazione europea. Sia chiaro, con la fusione dei due soggetti e l'Unione che sostituisce e succede alla Comunità europea non si è del tutto superata la logica dei due metodi. I settori sensibili della difesa e della politica estera continuano ad essere regolati con il metodo intergovernativo, dove domina il Consiglio che decide all'unanimità. Ciò nondimeno il metodo comunitario, dove il potere decisionale è condiviso da Consiglio e Parlamento europeo e le decisioni vengono assunte a maggioranza qualificata, è stato esteso a tutte le altre politiche, comprese affari interni e cooperazione. Un'altra novità del trattato di riforma è l'aver chiaramente attribuito all'Unione il compito di definire le modalità di coordinamento delle politiche economiche e occupazionali nazionali. L'Unione e gli stati membri insieme devono adottare una politica economica che è fondata sullo stretto coordinamento delle politiche economiche degli stati membri, sul mercato interno e sulla definizione di obiettivi comuni, condotta conformemente al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza (art. 119 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea). Il problema del coordinamento delle politiche economiche degli stati e di una politica economica dell'Unione è strettamente connesso alla moneta unica e alla piena realizzazione del mercato. Ma è stata l'attuale crisi economica a trasformare il tranquillo dibattito accademico sul significato della nuova competenza dell'Unione in un attuale tema politico per i governi europei. La proposta di due economisti, Thomas Mayer, della Deutsche Bank, e Daniel Gros, del Centre for European policy studies di Bruxelles, di dar vita a un Fondo monetario europeo è stata fatta propria dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble. Come ha giustamente osservato il cancelliere tedesco Angela Merkel, per creare il Fondo monetario europeo potrebbe servire una modifica dei Trattati Ue. Le riforme tornano dunque a essere al centro del dibattito sull'integrazione europea. Ben venga la ripresa di iniziative per il cambiamento dei Trattati, ma parallelamente le istituzioni dell'Unione e i governi nazionali dovrebbero sfruttare le opportunità che il Trattato di Lisbona offre e aprire a una politica economica dell'Unione.