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La via per l'austerity socialmente sostenibile

, di Antonio Villafranca - docente a contratto di international relations
Serve evitare le derive populiste dentro e fuori all'Eurozona, ma senza abbandonare il rafforzamento della moneta unica

L'austerity di stampo tedesco, con il nuovo Trattato, diventa una regola di rango costituzionale in quasi tutta l'Unione europea. Si tratta di un risultato storico che va accolto positivamente, in quanto rafforza la moneta unica rendendo quasi impossibile derogare al giusto rigore nella gestione dei conti pubblici. Ma questo necessario risultato rischia di essere insufficiente e socialmente insostenibile se non sarà accompagnato da ulteriori misure. È insufficiente perché l'Eurozona è ancora un'area in cui è difficile affrontare shock asimmetrici o, comunque, crisi nelle aree periferiche. Atene rischia di rappresentare un caso emblematico in tal senso in quanto non può contare su fondi federali (il bilancio comunitario, inchiodato intorno all'1% circa del pil, è lungi dallo svolgere tale ruolo) o su meccanismi privati (ancora oggi la mobilità del lavoro è ostacolata da regole non chiare e da resistenze culturali, non ultima la lingua, difficili da estirpare). Inoltre in assenza di efficaci politiche di crescita (sulla cui introduzione tanto si sta spendendo oggi il governo italiano), si correrebbe il rischio di avviare un circolo vizioso austerity-recessione-austerity che potrebbe risultare socialmente insostenibile, tanto nei paesi periferici quanto in quelli più forti dell'Eurozona.

Alla Grecia è stato accordato un secondo prestito per 130 miliardi, ma la cancelliera Merkel ha comunque dichiarato di fronte al Bundestag che nessuno può garantire che l'ulteriore sacrificio richiesto ai contribuenti tedeschi risolva la crisi greca. E in effetti i timori della Merkel potrebbero diventare realtà. Malgrado i contributi volontari di fatto imposti ai detentori privati di titoli greci (che, almeno formalmente, hanno subito un taglio superiore al 70%), rimane l'incognita di misure di austerity al momento in buona parte scritte solo sulla carta ma che nei prossimi mesi dovranno essere implementate gravando quindi sulle spalle, già provate, dei greci. Ma a ben vedere il problema della sostenibilità sociale riguarda la stessa Germania: c'è un limite al numero di salvataggi di un altro paese che i tedeschi sono in grado di sopportare. I sondaggi e le recenti divisioni interne alla coalizione di governo (inclusa la Cdu della Merkel) indicano che forse tale limite è stato già raggiunto. Escludere a priori soluzioni comunitarie più profonde come la revisione dei compiti e della strategia della Bce o l'introduzione di Eurobond (seppur in una forma embrionale che non preveda la piena condivisione delle responsabilità) potrebbe rappresentare un boomerang per gli stessi leader politici. Il sentimento anti-europeo potrebbe fornire slogan per le future campagne elettorali a partiti a connotazione populista, basti pensare al partito dei Veri Finlandesi, al Ppv in Olanda o, fuori dall'Eurozona, al partito Jobbik in Ungheria. Evitare derive populiste è nell'interesse dei leader europei, a partire da quelli della Germania. Per fare ciò sarebbe opportuno includere una più attenta valutazione della sostenibilità sociale nell'inevitabile quadro di austerity, avendo al contempo il coraggio e la lungimiranza di avviare, senza preconcetti, anche le ulteriori misure necessarie per un definitivo consolidamento della moneta unica e comunicando efficacemente ai cittadini, a partire dai più giovani, i vantaggi che da queste deriverebbero.