La finanza deve essere un elemento di sviluppo
In un mondo (finalmente) post Basilea 2 e (purtroppo) post crisi finanziaria il sistema delle relazioni fra banche e imprese appare modificato. Il credito è più simile alla finanza di mercato e ciò conduce a una maggiore trasparenza e coerenza con il profilo di rischio della controparte; la capacità valutativa bancaria delle controparti imprese tende a crescere, facendo emergere situazioni di debolezza strutturale delle pmi, in precedenza attenuate dall'assenza di metodi di valutazione non sistematici e rigorosi. Il capitale circolante diventa la variabile più sensibile per la stima del rischio di credito e ciò inesorabilmente punisce le controparti che non ne hanno un presidio chiaro e consapevole.
Tale quadro apre quindi uno spazio di riflessione importante sul futuro delle relazioni fra sistema bancario e sistema delle pmi. Ciò spinge a esaminare non solo il lato delle banche ma a mettere in luce sia le sfide che le pmi devono affrontare per legittimare la propria presenza sul mercato, sia le condizioni e le regole di sistema che possono rendere più o meno agevole lo scambio fra banche e piccole-medie imprese.Per le pmi, la sfida decisiva è l'utilizzo efficace e saggio della finanza come strumento di sviluppo. Una sfida che è prima di tutto culturale per gli imprenditori più piccoli e che si gioca su tre elementi-chiave: la netta distinzione fra finanza dell'impresa e finanza della famiglia e dei familiari; la nitidezza del progetto imprenditoriale e della sua manifestazione; la capacità di accoglierne (e sfruttarne) l'effetto 'disciplina'. Non vi è infatti dubbio che se la sovrapposizione di interessi patrimoniali e finanziari fra famiglia e impresa perdura nel tempo, diviene difficile sciogliere una serie di equivoci che ruotano intorno all'utilizzo delle ricchezze di famiglia come garanzia o come equity e, soprattutto, diviene difficile per la banca comprendere la motivazione dei fabbisogni finanziari e individuarne le soluzioni più appropriate. Su questo tema si innesta l'esigenza per l'imprenditore di definire un chiaro progetto industriale (e, di conseguenza, un chiaro progetto familiare) e coglierne e comunicarne la manifestazione in chiave finanziaria al sistema delle banche.Per quanto concerne invece le condizioni e le regole di sistema, la riflessione sul futuro del rapporto fra banca e pmi è riferita a due snodi principali: la logica del raccordo virtuoso e il ruolo delle 'regole'. La logica del raccordo virtuoso richiede di incanalare nella stessa direzione le energie presenti oggi sul territorio ma destinate a disperdersi se non coordinate in una logica comune guidata dalle strutture bancarie a favore delle pmi. I confidi, gli investitori equity dedicati alle piccole (e medie) imprese, gli strumenti pubblici (nazionali e internazionali), gli investitori privati, gli advisors e i consulenti agiscono infatti a vario titolo per le pmi ma senza uno schema di gioco condiviso. La nascente esperienza del fondo per le pmi è un esempio importante in questa direzione e la sfida per il sistema bancario, facendo leva anche sul fondo stesso, sarà quindi di affermare il proprio ruolo di raccordo per convogliare tutte le energie disponibili a favore delle aziende più piccole. Il ruolo delle regole è sempre trascurato da banche e imprese mentre un buon assetto di norme, soprattutto fiscali, potrebbe rendere più efficace il sistema di scambio fra finanziatori e finanziati.In questa prospettiva, banche e imprese dovrebbero sviluppare un'azione coordinata per proporre un'agenda ragionata d'interventi fiscali e normativi tali da generare importanti ricadute: il tema del costo del capitale (con incentivi strutturali e permanenti alla capitalizzazione), l'incentivo selettivo al going public (privilegiando nettamente le Ops rispetto alle Opv) per l'accesso all'Aim (il mercato di Borsa italiana dedicato alle pmi), il sostegno ai business angels e ai donors per lo sviluppo di start-up e la facilitazione all'intervento di investitori istituzionali nelle crisi e fallimenti devono rappresentare un asse portante di interventi che, compatibilmente con il vincolo di bilancio della finanza pubblica, sosterrebbero in maniera decisiva il rapporto fra pmi e sistema finanziario.