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La cultura del mobile

, di Antonio Catalani - docente di creativity and management
Il mercato dell'arredamento deve cambiare pelle. Qual e' il ruolo della piu' importante fiera di settore?

Dal 12 al 17 aprile Milano sarà la capitale mondiale dell'arredamento e del design. La 55esima edizione del Salone del mobile ed oltre mille appuntamenti in città, richiameranno operatori del settore e giornalisti da tutto il mondo. Le previsioni in termini di visitatori sono rosee: si attendono 300mila operatori, dei quali il 30% proviene dall'estero, e oltre 30mila clienti che affolleranno l'area fieristica nel weekend di chiusura, l'unico nel quale gli spazi sono aperti al pubblico. Come sempre non si conosce il valore economico generato dall'evento, certo è che per albergatori, ristoranti e taxi è una settimana ricca, forse la più importante per il turismo d'affari, da quando la moda ha concentrato la sua attenzione sul business vero e proprio, più che sulla pura immagine.

Dal punto di vista delle aziende, pure se il 2015 chiude con un timidissimo zero virgola, per altro non ancora definitivo, il percorso per recuperare è impervio. In 5 anni i consumi sono crollati del 35% circa (-4,7 miliardi), l'import è cresciuto del 15 (400 milioni) e l'export ha solo in parte compensato con un +16% (1,5 miliardi). La perdita è evidente e sostanziosa. Dal punto di vista della distribuzione la situazione in Italia appare ancora più critica poiché, al calo del mercato interno, è corrisposto un aumento significativo della grande distribuzione. La sola Ikea nello stesso periodo in Italia ha fatto segnare un +10% con ricavi per 1,5 miliardi ed una quota di mercato stimata attorno all'11%.

Il settore, insomma, sia dal punto di vista dei produttori che dei rivenditori non versa certo in buone acque. In realtà ci sono segmenti di domanda che crescono e che non riusciamo a presidiare adeguatamente, il contract e le forniture per esempio: si tratta di un mercato internazionale che va dal residenziale all'alberghiero, agli uffici. Ha una dimensione difficile da stimare, superiore al mercato che passa attraverso i punti vendita, ma a mala pena il prodotto italiano rappresenta pochi punti percentuali. La difficoltà che troviamo è prima di tutto culturale: dal listino si deve passare a offerte basate su costi di produzione per lotti, dal product al project management, dal prodotto al servizio, insomma si tratta di veri e propri business model diversi che richiedono organizzazione e figure professionali diverse. Il cambiamento culturale è certamente il cambiamento più difficile. Il settore italiano dell'arredo è quello che è. È il risultato della sua storia e della sua cultura, insomma di quello che sono stati e sono i suoi attori. Per tornare a crescere non possiamo aspettare che il mercato cambi, non vi è alcuna certezza che tornino gli anni d'oro. Bisogna cambiare la cultura delle aziende, si può fare, ma chi sarà a stimolare e guidare il cambiamento?
Forse anche per chi organizza il Salone del mobile è il momento di rispondere a questa domanda.