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La crisi e l'ignoranza finanziaria

, di Fulvio Ortu e Carlo Favero - rispettivamente ordinario di matematica finanziaria alla Bocconi e ordinario di economia politica alla Bocconi
Italia e Usa. Risparmiatori come guidatori senza patente in un giorno di pioggia

La crisi del 2008 è stata caratterizzata da andamenti dei mercati finanziari difficilmente spiegabili alla luce degli usuali modelli comportamentali: volatilità altissima, assenza di correlazione tra valori dei fondamentali e fluttuazioni dei prezzi e variazioni quotidiane delle quotazioni inspiegabili alla luce delle nuove informazioni disponibili. Tali fenomeni hanno costi sociali elevati: aumentano la sensazione d'incertezza dei consumatori e produttori, i quali reagiscono consumando e investendo meno. Minori consumi e investimenti si traducono in crescita ridotta se non in diminuzione dell'attività economica aggregata.

È possibile deamplificare tale catena di trasmissione dalle attività finanziarie alle economie reali? Il punto focale è la situazione d'ignoranza economico-finanziaria della maggior parte dei consumatori-risparmiatori. A scanso di equivoci, non vogliamo in alcun modo attribuire a tale ignoranza le cause scatenanti della crisi finanziaria. Ciò nondimeno, una cattiva gestione del livello e del tipo d'indebitamento, una mancata diversificazione degli impieghi del risparmio, una scarsa pianificazione dei flussi in entrata e in uscita nel bilancio familiare sono errori che hanno poi costretto i consumatori a contrarre i consumi, con le ovvie conseguenze sulla crescita economica.Come si può misurare il livello di cultura economico-finanziaria di base nella popolazione? Se ne sono occupati, per gli Stati Uniti, Annamaria Lusardi, ricercatrice del Darthmouth College che sta concentrando la sua attività di ricerca sul problema della financial literacy della popolazione, e, per il caso italiano, Tito Boeri e Luigi Zingales nell'ambito di una ricerca sulle decisioni di investimento del Tfr in fondi pensione. Il punto fondamentale che emerge da tali ricerche è che la gran parte della popolazione non ha le conoscenze economiche finanziarie di base per prendere le decisioni che riguardano il risparmio e l'investimento finanziario. Si pensi a una strada molto trafficata piena di autisti che non sanno guidare, alcuni di loro dotati di auto molto potenti: se si scatena un temporale, in una situazione simile il caos è garantito.Per valutare l'ampiezza del problema si considerino le seguenti domande poste a campioni sia della popolazione americana che italiana: 1) Avete 100 dollari sul conto corrente in banca e il tasso di interesse che percepite è del 2% l'anno. Dopo 5 anni, quanto pensate di avere sul conto se non effettuate alcun prelievo? a) più di 102 dollari, b) 102 dollari, c) meno di 102 dollari, d) non so, e) rifiuta di rispondere; 2) Pensate che la seguente affermazione sia vera o falsa? L'acquisto di titoli di una sola azienda garantisce in genere un rendimento più sicuro rispetto all'acquisto di una quota di un fondo d'investimento azionario. a) vero, b) falso, c) non so, d) rifiuta di rispondere. Nel caso della popolazione americana, tra gli individui con età maggiore o uguale ai 50 anni solo il 40% ha risposto correttamente a tutte e due le domande, mentre ben il 33% del campione non ha risposto correttamente alla prima domanda. Se invece si considerano gli americani tra i 23 e i 27 anni, il 40% non ha risposto correttamente a entrambe le domande, mentre in questa fascia di età la percentuale di risposte non corrette alla prima domanda è del 20%. Queste percentuali testimoniano gravi lacune di base in termini di alfabetizzazione finanziaria in una popolazione come quella americana che è fra le meno coperte in termini di welfare, e che quindi ha maggiormente bisogno di provvedere personalmente con il risparmio personale alle esigenze di sostentamento nell'età avanzata. Gli italiani non sono certo messi meglio degli americani dal punto di vista dell'alfabetizzazione finanziaria. Solo poco più di un terzo sa dare una risposta giusta alla prima domanda, né va molto meglio fra i possessori di un titolo di laurea: solo poco più della metà di questi ci azzecca. Per quanto riguarda la seconda domanda, il semplice principio di cautela del non mettere tutte le uova nel medesimo paniere è riconosciuto solo da poco più del 55% della popolazione (e poi ci si stupisce del fatto che purtroppo molti concittadini hanno perso i risparmi di una vita avendoli investiti tutti in strumenti finanziari di un'unica impresa, leggi caso Parmalat), mentre ben il 20% non sa dire se diversificare il rischio sia una operazione utile. Per tacere del 7,4% dei laureati che ritiene che sia meglio giocare alla roulette puntando tutto su una singola impresa. Alla luce di questi risultati, una più alta diffusione della cultura finanziaria di base potrebbe sortire effetti importanti nel ridurre fluttuazioni e volatilità. Se gli individui non padroneggiano concetti base come l'interesse composto e la diversificazione di portafoglio (per inciso, le risposte esatte sono 1-a e 2-b), non c'è da stupirsi se il caos si diffonde con estrema facilità sui mercati finanziari e se pochi individui con maggiori informazioni riescono a condizionare a loro vantaggio le decisioni dei risparmiatori.