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La crisi annacqua l’azzurro dei paradisi fiscali

, di Carlo Garbarino - professore associato presso il Dipartimento di studi giuridici
Off-shore. Dalle Jersey alle Cayman, che cosa cambia in un momento difficile per tutte le economie

La crisi finanziaria ha indotto i governi a trovare un'intesa di 'governance globale' nei riguardi dei paradisi fiscali e molti di essi hanno aderito a impegni di scambio d'informazioni e hanno concluso trattati che prevedono tale modalità di cooperazione. Sembrano quindi esservi evidenze di un cambio di paradigma: si è passati dal sistema unilaterale di pura reazione non particolarmente efficiente a un sistema bilaterale che sembra funzionare.

La ragione di ciò va rinvenuta in una diversa percezione del danno causato dai paradisi fiscali agli interessi dei paesi Ocse. Fino a prima della crisi finanziaria, i paesi Ocse e i paradisi fiscali erano legati da un rapporto di celata ma sostanziale simbiosi, di reciproco vantaggio, come avviene spesso in natura addirittura tra un predatore (lo squalo) e una possibile preda (il pesce pilota): i paradisi fiscali generalmente beneficiavano del deflusso di capitali in loro direzione, ma anche i paesi Ocse traevano un vantaggio da ciò, nonostante le declamazioni dei politici e le lamentele degli erari. Infatti, ampi settori dell'economia dei paesi Ocse, in particolare certe tipologie d'imprese e il settore finanziario, utilizzavano i paesi offshore per ridurre il carico fiscale globale ed era cresciuto il mercato della consulenza fiscale basata su strategie aggressive, si pensi ai 'tax shelters' negli Stati Uniti. Inoltre numerosi privati alimentavano il fiorente settore dell'offshore private banking. Il risultato era che la lotta ai paradisi fiscali era più declamazione politica che strategia efficace.Con la crisi però il rapporto tra i membri dell'Ocse e i paradisi fiscali si è trasformato da una forma di simbiosi a una forma di parassitismo, in quanto al drenaggio di materia imponibile operato dai paradisi fiscali non è più corrisposto un vantaggio per i paesi Ocse: i grandi attori che traevano beneficio da strategie fiscali aggressive sono stati ridimensionati e per i governi si è determinata l'esigenza di maggiore gettito per finanziare i programmi di sostegno. Ne è derivato che il vantaggio dei paradisi fiscali è stato percepito direttamente come svantaggio per i paesi Ocse, che hanno quindi reagito minacciando tali paesi di ritorsioni qualora non accondiscendano a scambiare informazioni. Da qui la considerazione di tali paesi come dannosi in modo parassitario.L'approccio italiano si è per ora diretto al rimpatrio dei capitali all'estero mediante un condono surrettizio, lo scudo fiscale, mentre non risultano essere in corso azioni politiche specifiche, salvo l'aderire alle linee guida enunciate a livello di G7 e G20. Lo scambio che viene "offerto" è il seguente: se l'evasore 'scuda' e rimpatria i capitali con un contenuto costo del 5% ottiene sostanzialmente un condono, se non 'scuda' si presume che il reddito estero provenga da evasione e le sanzioni sono inasprite fino a forme di sequestro totale. Questa è però soltanto una misura indiretta nei confronti del paradiso fiscale, in quanto non è coperto in alcun modo lo scambio di informazioni con le controparti estere. La verità è che vi è necessità per il 'sistema-paese' di una accresciuta liquidità e di raccogliere gettito, seppure al ribasso. L'esito di questa operazione non è però ancora definibile con certezza in quanto vi potranno essere futuri 'espatri' di capitali se lo scambio di informazioni formalmente accettato da varie giurisdizioni low tax, la Svizzera in prima fila, non diventerà una prassi applicativa effettiva. Il punto nodale è quindi se la richiesta di cooperazione sarà presidiata da politiche adeguate ovvero insabbiata da indolenti prassi da parte dei paradisi fiscali. Paradossalmente la risposta, di nuovo, sta nella crisi: in conseguenza degli effetti pervasivi di essa talune giurisdizioni, come la Svizzera, iniziano ad avere oggettive esigenze di scambio aperto con le economie di mercato, mentre alcuni paradisi fiscali, come Cayman o Jersey, stanno pensando di introdurre forme di tassazione per fronteggiare problemi di gettito simili a quelli dei paesi Ocse. Benvenuti nel club!