Istruiti e lavoratori, il volto nascosto dei clandestini
Anche il 2007 ha visto crescere l'attenzione pubblica per i temi legati all'immigrazione. A stimolare il dibattito hanno sicuramente contribuito fatti di cronaca, ma anche un'intensa attività legislativa in materia ed alcuni controversi interventi a livello locale. Senza entrare nel merito degli specifici eventi, occorre rilevare come la discussione continui ad essere viziata da una scarsa conoscenza del fenomeno migratorio, soprattutto nella sua componente irregolare. Spesso agli immigrati senza permesso di soggiorno sono associati stereotipi fortemente negativi, che rischiano di alimentare paure e soluzioni di emergenza.
Una ricerca che ho condotto in collaborazione con Francesco Fasani e Tommaso Frattini, dell'University College di Londra, contribuisce a chiarire i lineamenti dell'immigrazione irregolare. La ricerca si avvale dei dati raccolti dal Naga (www.naga.it) a Milano tra il 2000 e il 2006, contenenti informazioni sulle principali caratteristiche socio-demografiche di oltre 38.000 immigrati irregolari. Si tratta di uno dei più grandi database esistenti sull'immigrazione irregolare.
Dall'analisi emerge un quadro ricco e articolato, che evidenzia importanti differenze di genere, fra paesi e macroregioni di origine. In questa sede richiamo solo quattro aspetti che mi paiono particolarmente rilevanti per quanto detto in precedenza. I dati riportati si riferiscono al 2006, ma lo scenario è simile negli altri anni.
Il primo dato riguarda l'elevato livello d'istruzione degli immigrati irregolari. Circa il 10% del campione ha un'istruzione universitaria e oltre il 50% ha frequentato almeno le scuole superiori. Viene, quindi, confermata un'importante specificità dell'immigrazione irregolare in Italia rispetto ad altri paesi industrializzati: anche controllando per la differente struttura demografica (circa il 65% degli individui nel campione Naga ha meno di 35 anni), gli immigrati irregolari risultano avere un livello medio di istruzione assolutamente paragonabile a quello degli italiani. Ciò dovrebbe far riflettere sulla necessità/opportunità di politiche di selezione dell'immigrazione, sulle quali sembra esservi un accordo pressoché unanime.
Il secondo dato di rilievo riguarda la condizione lavorativa. Il 58% del campione dichiara di avere un'occupazione, anche se per oltre il 50% si tratta di un'occupazione "saltuaria". Nell'interpretare il dato sull'occupazione occorre ricordare che oltre il 70% del campione è in Italia da meno di tre anni (il 30% da meno di un anno). Infatti, la percentuale di occupati aumenta con la permanenza in Italia e il tasso di occupazione passa dal 38%, per chi risiede nel nostro paese da meno di un anno, fino a raggiungere il 76% dopo tre anni di permanenza in Italia, valore nettamente superiore rispetto a quello registrato per la popolazione italiana e lombarda.
Il terzo aspetto – la condizione abitativa – evidenzia un chiaro elemento di criticità. Quasi l'8% degli uomini e il 4% delle donne è senza fissa dimora o vive in insediamenti abusivi (la percentuale è, chiaramente, maggiore per gli immigrati recentemente arrivati in Italia). Per chi vive in una casa in affitto, il numero medio di persone per stanza è di 2,2, mentre secondo i dati del Censimento 2001, tra l'intera popolazione milanese il numero medio di persone per stanza era 0,7. L'utenza Naga, pertanto, vive in condizioni di affollamento dell'abitazione più di tre volte superiori a quelle dei cittadini italiani.
Infine, l'analisi della dimensione temporale dei dati supporta l'ipotesi che l'immigrazione irregolare sia una tappa di passaggio verso la successiva regolarizzazione della propria posizione, attraverso un'eventuale sanatoria o l'utilizzo strumentale, seppur rischioso, del decreto flussi. Credo che questo fatto debba essere tenuto in debito conto nel dibattito di policy in corso. Temo che continuare a ragionare secondo la dicotomia regolare-irregolare non consenta di cogliere la complessità del fenomeno e rischi di produrre effetti negativi sulle prospettive d'integrazione degli immigrati e, soprattutto, dei loro figli (mi riferisco, evidentemente, al diritto di accesso alla scuola d'infanzia per i figli degli immigrati irregolari).