Internazionalizzazione e imprese: contare è meglio che pesare
Secondo la Banca Mondiale, nel 2009 assisteremo a un calo del commercio internazionale per la prima volta dal 1982. Diventerà più difficile anche per l'Italia fare leva sui mercati esteri per arginare gli effetti della crisi. Che cosa dovrebbe fare la politica economica per sostenere l'internazionalizzazione delle imprese italiane?
Internazionalizzazione è un concetto ambiguo. Dal punto di vista di chi decide la politica economica, internazionalizzazione rimanda alla presenza di un paese nei mercati internazionali, misurata in termini della sua quota di esportazioni, importazioni e ide (investimenti diretti all'estero). Dal punto di vista dei manager, il termine si riferisce invece alla capacità dell'impresa di generare valore attraverso attività internazionali. Sebbene complementari, i due punti di vista sono generalmente trattati separatamente.
I decisori di politica economica si interessano a esportazioni, importazioni ed ide aggregati in una prospettiva spesso settoriale. I manager si preoccupano invece del fatto che le attività internazionali di esportazione, importazione e investimento diretto comportano costi aggiuntivi rispetto alle attività domestiche, generando barriere che solo alcune imprese riescono a superare. La prospettiva che privilegiano è quella delle loro imprese.
La distinzione tra i due punti di vista è connessa a obiettivi e interessi diversi, ma anche a due diversi modi di pensare. Ai manager interessano casi studio e situazioni esemplari. I decisori di politica economica preferiscono invece l'informazione statistica. La mancanza di questo tipo di informazione sulle singole imprese ha finora impedito l'inclusione sistematica dell'analisi a livello di impresa nella strumentazione di cui si serve chi decide la politica economica. I tempi sono ormai maturi per arricchire tale strumentazione: i dati a livello di impresa stanno diventando disponibili e forniscono nuove informazioni che non possono più essere ignorate. Inoltre, l'analisi statistica a livello di impresa permette di riconciliare i due punti di vista del decisore di politica economica e del manager.
In particolare, l'analisi dei dati di impresa rivela alcuni fenomeni che a livello aggregato passano completamente inosservati. In primo luogo, l'evoluzione delle esportazioni, delle importazioni e degli ide aggregati è guidata dalle variazioni di due 'margini'. Nel caso delle esportazioni, il margine intensivo si riferisce alle esportazioni medie per impresa, mentre il margine estensivo concerne il numero di imprese che esportano. Definizioni analoghe si applicano al caso delle importazioni e degli ide. In secondo luogo, il margine estensivo è di gran lunga più importante di quello intensivo nel determinare l'evoluzione di esportazioni, importazioni e ide aggregati. In terzo luogo, il margine estensivo è 'sottile', nel senso che le imprese attive sui mercati internazionali sono rare e un numero molto ridotto di esse traina buona parte delle esportazioni, delle importazioni e degli ide aggregati. Infine, il margine estensivo è un club esclusivo nella misura in cui le imprese attive sui mercati internazionali sono diverse dalle altre: sono più grandi, generano maggior valore aggiunto, pagano salari più alti, utilizzano più capitale per addetto, impiegano manodopera più specializzata e hanno una più alta produttività.
In sintesi, la performance internazionale di un paese è determinata da un numero molto ridotto di imprese competitive. In termini di politica economica, questo implica che il successo di un paese nei mercati internazionali dipende soprattutto dall'aumento del numero di imprese coinvolte, piuttosto che da una più intensa attività delle imprese già coinvolte. In questa ottica, le politiche economiche che promuovono la crescita in dimensione e produttività delle imprese sono molto più importanti di quelle che incoraggiano esportazioni, importazioni ed ide in quanto tali.