Infrastrutture. Impensabile una lista di priorita'
Il ruolo delle infrastrutture sullo sviluppo economico è assai controverso: vi è una parte di studi e ricerche scientifiche che giungono a conclusioni assolutamente positive e altri studi che invece tendono a dimostrare un loro impatto pressoché nullo. È probabile che a una conclusione univoca non si giungerà mai se non si pongono correttamente le domande e non si fanno alcuni distinguo.
Nel nostro paese il dibattito si è spesso concentrato sull'opportunità di realizzare infrastrutture privilegiando il Sud, perché meno avanzato, oppure il Nord, perché più sviluppato e quindi più bisognoso di rimuovere alcune diseconomie esterne che ne impediscono la competitività internazionale. Di qualunque infrastruttura si parli, relative a trasporti, energia, risorse idriche, telecomunicazioni, è certo che le infrastrutture a Nord e a Sud non rispondono agli stessi obiettivi di sviluppo. Mentre a Nord la loro realizzazione consente di rimuovere alcuni vincoli allo sviluppo, nel Sud le infrastrutture dovrebbero consentire di creare condizioni di attrattività per le imprese e i cittadini. Tuttavia è evidente che le infrastrutture da sole non sono in grado di mettere in moto un processo di accelerazione dello sviluppo al Sud: costruire strade e autostrade, ferrovie, reti energetiche, ponti, porti e aeroporti non innesca necessariamente un circolo virtuoso se la domanda da parte dei sistemi produttivi e insediativi locali è insufficiente. Occorre invece una certa contestualità tra la realizzazione di infrastrutture ed emergere della domanda effettiva dei servizi che esse possono fornire: costruire reti ferroviarie (binari) se poi non c'è domanda di mobilità da parte di soglie sufficienti di merci e passeggeri può apparire inutile. La 'scommessa' sul ruolo potenzialmente positivo delle infrastrutture sullo sviluppo del Sud deve perciò essere coerente con parallele politiche di incentivazione produttiva e insediativa, di sicurezza, di qualità amministrativa, di servizi alle persone e alle imprese. Oppure, bisogna essere in condizioni di assenza di vincoli finanziari, per cui non si associa la scelta di realizzare infrastrutture solo alla loro potenziale sostenibilità economica, ma a seri obiettivi di riequilibrio territoriale del paese. Altrimenti si corre il rischio di rafforzare un'astratta dotazione infrastrutturale indipendentemente dalla domanda, implicita o esplicita, dei servizi che dalla loro esistenza il territorio può ricavare (in termini di dotazione di infrastrutture di trasporto il Sud è oggi relativamente più dotato del Nord!). D'altro canto nel Nord il fabbisogno di infrastrutture è motivato dall'obiettivo di diminuire la congestione e l'inquinamento (per le infrastrutture di trasporto), di garantire continuità energetica a prezzi più contenuti per gli utenti, qualità dei servizi idrici più elevati... in un'ottica di competitività. In questo caso la domanda è già consolidata e le infrastrutture devono perseguire prevalentemente obiettivi di miglioramento qualitativo e solo in alcuni casi quantitativo: Malpensa esiste e non si tratta di costruire nuovi aeroporti, ma di rendere il territorio più accessibile alle destinazioni globali; l'Alta Velocità deve consentire rapide interconnessioni internazionali; lo sviluppo di fonti energetiche pulite deve rispondere all'esigenza della sostenibilità e di costi più bassi. Non si può pertanto immaginare di creare una lista unica di priorità infrastrutturali tra Settentrione e Meridione ma di individuare priorità diverse e strumenti diversi di valutazione: le analisi costi benefici, ad esempio, non sono adeguate a rispondere se non a scelte comparative tra infrastrutture e non a scelte assolute. Altrimenti il Sud sarà sempre penalizzato e il Nord sempre favorito. Occorrono invece strumenti più sofisticati come le analisi multi criteri che consentono di inquadrare le priorità in obiettivi più vasti di politica dello sviluppo complessivo del paese.