Informazione? No grazie
I governi e le istituzioni non convinceranno i propri cittadini ad alimentarsi correttamente o a proteggersi dall'Aids, l'osteoporosi o il tumore alla pelle attraverso le campagne informative. La convinzione che una maggiore conoscenza di questi fenomeni si traduca in comportamenti più responsabili è semplicemente illusoria. Lo sostiene Icek Ajzen, psicologo della University of Massachussets ad Amherst, intervenuto alla prima Alberto Dondena lecture del Centro Carlo Dondena per la ricerca sulle dinamiche sociali della Bocconi.
Ajzen illustra i numerosi studi che, evidenziando un deficit generalizzato di conoscenza in un determinato settore e la prevalenza di comportamenti subottimali, consigliano di avviare campagne di informazione. Sono però altrettanto numerosi gli studi che, cercando di misurare la relazione tra informazione e comportamenti corretti, finiscono per dimostrarne l'inesistenza o, nei migliori dei casi, la scarsissima rilevanza.
Secondo la teoria del comportamento pianificato, di cui Ajzen è il padre, sono soprattutto le convinzioni e gli atteggiamenti a determinare le intenzioni effettive e i comportamenti degli individui. La conoscenza può influire sulle convinzioni, ma solo in proporzioni limitate.
Uno dei limiti della strategia basata sulla diffusione della conoscenza è che, di solito, si tratta di conoscenza generale, che non ha relazione con il comportamento desiderato. "Sapere se l'Aids può o meno essere veicolata dalle zanzare che conseguenze può avere sulla decisione di usare un preservativo?", dice Ajzen. "Se testiamo la relazione tra conoscenze generali e comportamenti specifici, il risultato sarà sempre deludente".
Nei pochi casi in cui una certa relazione sembra esserci, questa è quasi sempre mediata dagli atteggiamenti. Ajzen illustra il caso davvero impressionante di un'indagine sulla relazione tra la conoscenza dell'Islam e il sostegno a borse di studio per gli studenti musulmani in un campus americano. Il questionario che misura la conoscenza dell'Islam (si devono classificare vere o false alcune affermazioni) è stato strutturato dai ricercatori in tre modi diversi. Una formulazione è sostanzialmente neutra; la seconda prevede che le risposte esatte siano quelle che evidenziano una visione positiva dell'Islam ( "L'Islam si è diffuso soprattutto con la spada" è falsa e chi risponde falso evidenzia un atteggiamento positivo); la terza è strutturata in modo che le risposte esatte siano tendenzialmente negative ("L'Islam promuove l'uguaglianza tra i sessi" è falsa e chi risponde falso evidenzia un atteggiamento negativo).
Ebbene, mentre il campione sottoposto al test nella formulazione neutra evidenzia una debole relazione tra conoscenza e supporto alla politica di sostegno, nel caso della formulazione positiva la relazione è molto forte. Se il test è formulato in modo che le risposte esatte siano negative, c'è ancora una forte relazione, ma inversa: al crescere della conoscenza precipita il supporto alla politica di sostegno.
"In questo caso", spiega Ajzen, "sono gli atteggiamenti a determinare la posizione sulle borse di studio, e sono gli stessi atteggiamenti che spingono gli individui a rispondere al test in base alla propria idea dell'Islam". In un caso vengono considerate conoscenza le risposte giuste di chi mantiene un atteggiamento positivo, che lo spingerà anche a sostenere le borse di studio; nel secondo caso risulta avere maggiore conoscenza chi mantiene un atteggiamento negativo, che si tradurrà nell'opposizione alla politica di sostegno degli studenti musulmani.