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Il valore delle nuove figure di mediazione

, di Marianna Fragonara Ciancio
Due seminari

Cultura e non profit: due temi che vanno spesso a braccetto, ma anche due ambiti di rinnovato sviluppo economico nei quali si sono aperti, in questi ultimi anni, importanti spazi di crescita e di evoluzione professionale. Questo li ha resi bacini sempre più appealing per l'inserimento di figure professionali "di mediazione", che racchiudono in sé competenze a metà tra l'umanistico e l'imprenditoriale. Diretta testimonianza dello sviluppo di questo settore è stata la cospicua adesione di aziende specializzate (16) al primo appuntamento di quest'anno di Bocconi&Jobs. Le linee di fondo che hanno spinto il Servizio Stage, Orientamento professionale e Placement della Bocconi a riservare ad esso un'attenzione particolare sono emerse, poi, in maniera concreta nel corso dei due seminari dedicati "Non profit e cooperative: il mercato del lavoro, avvenimenti e competenze professionali" - coordinato dal professor Giorgio Fiorentini, e "Le professioni nel mondo della cultura", coordinato dal professor Stefano Baia Curioni.

Fiorentini - Direttore del master universitario in Management delle Aziende Non Profit, Cooperative e Imprese Sociali - ha sottolineato come abbia ormai preso forma un messaggio molto forte nei confronti del mondo economico, che mette in luce come il sistema socio-economico sia formato anche da non profit private. Queste svolgono una funzione di relazione costituente il sistema e di risposta a bisogni crescenti che molte attività di profitto e del settore pubblico non sarebbero in grado di soddisfare con efficacia. "Quando si parla di aziende non profit - afferma Fiorentini - si parla di associazioni, cooperative, cooperative sociali, fondazioni, comitati, patronati, organizzazioni non governative, policlinici, tutte realtà in grande sviluppo. La stessa Fiera di Milano è una fondazione ed è una non profit. Se ci limitassimo ai numeri, si contano ormai ben 488.000 dipendenti assunti e pagati nel settore con un giro d'affari di 35.000 miliardi di euro. È un dato importante".

Viene da chiedersi che cosa sarebbe di certe situazioni geografiche se non ci fossero associazioni che gestiscono relazioni nella comunità. Che cosa ne sarebbe degli asili nido e dell'occupazione femminile, o di un argomento "scomodo" come quello degli anziani (nuovo filone di consumatori)? Che cosa ne sarebbe delle

Amministrazioni Pubbliche senza l'apporto del non profit nella dimensione della sussidiarietà orizzontale?
Tutte domande a cui risponde in maniera concreta quanto fatto dalle aziende non profit, che hanno finalmente una maggiore economicità finalizzata a risultati di servizio pubblico e di 'capitale sociale' del Sistema Paese.

"Il livello competitivo di un territorio si valuta in funzione del rating socio-economico.– ribadisce Fiorentini - e chi mette in atto tale rating è appunto il Terzo Settore. Per fare questo c'è bisogno, però, di persone che sappiano gestire questi tipi di aziende. Esiste, infatti, una filiera sussidiaria tale per cui occorre condividere lo stesso linguaggio tra vari attori, in quanto molte delle attività della Corporate Social Responsibility di un'impresa passano oggi attraverso le non profit". Uno dei fattori positivi messo in luce durante il seminario è che si stanno stabilizzando sia rapporti tra profit e non profit sia gli stessi apparati retributivi (per esempio nel settore della ricerca). Questo prefigura sempre di più l'alternanza di spostamento tra i due ambiti.

Ciò che è sostanzialmente cambiato in questi anni è la visione stessa del concetto di non profit, non più mero assistenzialismo socio/sanitario, ma parte integrante ed elemento di raccordo anche con le imprese di profitto. Si sente, inoltre, sempre più spesso parlare di un'attività del non profit laico: vedi l'esempio di Siticibo con il recupero delle eccedenze delle mense e degli alberghi date alle comunità e alle fasce deboli.

In risposta a questo, l'intento della nostra Università non può che continuare a orientarsi verso una formazione di persone/attori preparati grazie a un percorso completo, che va dal triennio ai bienni specialistici fino ai master SDA legati al settore non profit.

Nel corso del secondo seminario, incentrato sulle professioni nel mondo della cultura, Baia Curioni – Direttore del corso di laurea specialistica in Economia e management per le arti, la cultura e la comunicazione e del centro di ricerca ASK, ha esordito parlando di un trend che investe in modo ampio il sistema economico, e si traduce, in senso ampio, nello sviluppo di una economia della conoscenza profondamente influenzata dai sistemi di produzione simbolica. I cambiamenti più generali dei processi di formazione del valore, che tale trasformazione implica, trovano oggi forme compiute di manifestazione nei settori più specificamente influenzati dalla presenza dell'arte e del patrimonio culturale, all'interno dei quali si riconoscono cruciali trasformazioni.

Un primo settore è quello legato alla valorizzazione del patrimonio culturale. Al suo interno si sono registrate evoluzioni importanti degli obiettivi e degli strumenti operativi, coincidenti con una consapevolezza sempre più chiara della rilevanza economica oltre che sociale del patrimonio stesso. A fianco della tradizionale prevalenza delle competenze umanistiche (storico artistiche e archeologiche) va maturando l'esigenza di formare competenze economico-gestionali, caratterizzate da una forte motivazione culturale, da competenze di mediazione interculturale, da una decisa competenza di project management.

Un secondo settore in grande evoluzione è quello delle produzioni artistiche e dei mercati dell'arte contemporanea (Ars Management), caratterizzato simultaneamente da due processi evolutivi di grande intensità. Da un lato l'aumentato ruolo dei mercati dell'arte, fortemente speculativi soprattutto per quanto riguarda le produzioni contemporanee, che vanno assumendo un ruolo crescente nell'orientare le politiche produttive e le strategie degli artisti. Dall'altro la crescente commistione di generi e di tecniche che influenzano la produzione artistica e, ancor più in profondo, il mutamento delle condizioni produttive e della definizione stessa di "arte", che va assumendo sempre più il senso di una poetica contestualizzata in sistemi variegati di relazioni sociali, antropologiche, economiche e urbane. Un'arte che non è più solo o prevalentemente composta nei laboratori artistici e poi guardata, ma generata direttamente in eventi che integrano relazioni sociali, spazi urbani, sperimentazioni estetiche, poetiche, dibattiti civili.

"L'arte assume così a volte il compito di catalizzare la collettività attorno a un segno (a un sogno o a un senso interpretato) - prosegue Baia Curioni -, contribuendo alla vitalità delle città e allo sviluppo di un 'capitale' culturale che fa sviluppo anche economico (un esempio milanese interessante è il recente evento di Domus che ha affittato, in occasione della Fiera del Mobile, lo stadio di San Siro riempiendolo di dibattiti, designer e musica elettronica); un'evoluzione che ovviamente incide sulla richiesta di competenze economiche di taglio imprenditoriale e manageriale".

Segue il settore delle industrie culturali nel quale si consolida una tradizione più lunga e appare meno soggetto all'intensità dinamica dei due precedenti. Un mondo più vincolato allo sviluppo di tecnologie caratterizzate da forti livelli di investimento e che quindi ha da tempo dato spazio sia alle competenze manageriali tradizionali sia a quelle più di cerniera e di mediazione (competenze di integrazione culturale, project management, competenze economiche).

L'ultimo settore da menzionare è quello dello spettacolo e dell'entertainment, tradizionale ma anche soggetto oggi a spinte evolutive forti e caratterizzato da una richiesta di sempre maggiore efficienza. Anche in esso si sente il bisogno di nuove risorse gestionali, di un cambio culturale importante e di una integrazione tra culture.

Descrivendo questi quattro macro-settori, Baia Curioni ha parlato sovente di veri e propri laboratori in cui si stanno costituendo processi e dinamiche che potranno rivelarsi significativi per interpretare i cambiamentiimposti dall'economia della conoscenza; una sorta di osservatorio sui nuovi bisogni che si manifesteranno nel mondo economico.

La frequentazione di questi 'laboratori' generaimportanti economie di scopo per gli studenti così come per la facoltà, anche se ai vantaggi della trasferibilità metodologica ed esperienziale da un settore all'altro deve corrispondere una grande raffinatezza nella conoscenza dello specifico di ognuno di essi. Una sfida, dunque,affascinante per il sapere economico e un valore aggiunto, poi, per un'Università come la Bocconi.