Contatti

Il sapere con l'acqua alla gola

, di Christos Papanikolaou - research assistant presso il Centro di ricerca Ask (Art, science and knowledge) Bocconi
I tagli dei finanziamenti pubblici non riguardano solo il Sud Europa ma tutto il continente, e i fondi privati...

Il patrimonio culturale, che è una parte assai rilevante della gestione pubblica, è stato tra i primi settori ad essere colpiti dall'austerità, sia direttamente con la riduzione dei fondi statali, sia indirettamente con la diminuzione dei progetti culturali.Molti pensano che il decremento del finanziamento culturale riguardi solo l'area mediterranea e gli stati colpiti dal debito, tuttavia i dati sottolineano invece come i tagli al settore culturale siano una caratteristica comune a tutta l'Europa e non solo a quella del sud.

Christos papanikolaou

Per quanto riguarda i paesi meridionali, la situazione è più o meno conosciuta e molto sfaccettata.In Italia la trascuratezza in cui versano luoghi di interesse storico che non possono essere gestiti dallo Stato, ha condotto il settore culturale a cercare aiuto nell'impegno economico delle imprese private. Il restauro imminente della Fontana di Trevi a Roma, con i 2,18 milioni di euro pervenuti da Fendi, ha senz'altro rappresentato una buona notizia ma, in genere, la privatizzazione della cultura sta sollevando numerosi dibattiti.

In Grecia tra il 2010 e il 2013 il budget pubblico per la cultura è stato ridotto quasi del 30% da 820 a 575 milioni di euro, costringendo inevitabilmente al malfunzionamento molte istituzioni. In Spagna anche il famoso Prado ha visto i suoi fondi diminuire, generando discussioni sull'impatto che la crisi comporta anche per le istituzioni di importanza globale. Completando l'immagine del sud, il Portogallo ha trasformato il suo ministero della cultura in un segretariato, fatto indicativo di una gestione economica che implica un cambiamento della struttura amministrativa. Ma la diminuzione dei fondi pubblici è solamente una conseguenza del deficit estremo dei paesi del Mediterraneo? Sembrerebbe di no.

L'Olanda ha iniziato a implementare una politica estremamente rigorosa: la cultura ha subito flessioni di oltre un 25% con innumerevoli cambiamenti nel sistema amministrativo. Nello specifico, i musei dovranno contribuire per circa il 17% ai propri costi, mentre le compagnie di ballo non riceveranno allocazioni pubbliche per un periodo di quattro anni (procedura che già era in vigore negli anni scorsi) ma saranno obbligate a fare domande ogni anno per sovvenzioni che in questo periodo storico sono ridotte e devono essere suddivise tra un alto numero di utenti. La Finlandia ha intrapreso la stessa via di risanamento fiscale riducendo i budget per la cultura. Il Consiglio nazionale dell'antichità finlandese ha conseguentemente dovuto permettere che si chiudessero otto musei.L'Austria non è un'eccezione e anche alla famosa Opera di Vienna è stato chiesto di generare risparmi supplementari per 10 milioni di euro per supportare gli sforzi per la sostenibilità fiscale. Infine, la Francia ha ridotto il suo budget culturale del 4,5% circa, mentre nel Regno Unito i fondi pubblici per la cultura sono stati ridotti da 518 milioni di euro nel biennio 2010-11 a 395 milioni per il biennio 2014-15 e più di 200 organizzazioni culturali si sono ritrovate senza aiuti economici pubblici.

Da quanto emerge sopra, l'iperdipendenza del settore culturale europeo dal budget pubblico causa grande vulnerabilità rispetto alle misure di stabilizzazione fiscale, sia quantitativamente sia qualitativamente (e ciò vale per produzioni, esibizioni, progetti ecc.), perciò l'interazione con altre risorse di supporto economico derivate dal comparto privato sembra offrire nuove opportunità di sostentamento.

Sfortunatamente non abbiamo dati completi sulla percezione della collettività riguardo a questo aspetto della crisi che coinvolge il settore culturale e sul suo futuro. Sappiamo solo che stiamo vivendo un cambiamento epocale e per quanto riguarda le istituzioni culturali nulla sarà più come oggi.