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Il cda migliore? Quello che ha voglia di lavorare

, di Fabio Todesco
Sono l'impegno dei consiglieri nella preparazione delle riunioni e la loro attiva partecipazione alle stesse ad avere i migliori effetti su tutti i compiti del cda, sostiene uno studio Bocconi

Nove membri, di cui due esterni, in carica mediamente da cinque anni, con almeno una presenza femminile e senza partecipazioni azionarie di rilievo. Poteva essere di questo genere il risultato che ci si attendeva, fino a qualche anno fa, nella ricerca sulla struttura ottimale dei consigli di amministrazione (cda). L'analisi della relazione tra le caratteristiche demografiche dei cda e la performance finanziaria delle imprese non ha però prodotto risultati univoci e si sta facendo strada, tra gli studiosi di management, l'idea che le variabili comportamentali e di processo siano più significative di quelle demografiche nella valutazione dell'efficacia dei cda e che la performance finanziaria non ne sia la misura più significativa.

Le risposte a un questionario degli amministratori delegati di 300 delle prime 2.000 imprese italiane per fatturato dimostrano che la caratteristica più importante per il buon funzionamento di un cda è il grado di impegno profuso dai consiglieri. I cda che evidenziano un ampio dibattito al loro interno sono più efficaci nelle attività di consulenza al management e di networking esterno, mentre un'eccessiva varietà di background lavorativo tra i membri del cda penalizza molti aspetti del suo funzionamento. Alessandro Minichilli, Alessandro Zattoni e Fabio Zona, tre studiosi del Dipartimento di management dell'Università Bocconi, in Making Boards Effective: An Empirical Examination of Board Task Performance, pubblicato sull'ultimo numero del British Journal of Management, scelgono di misurare l'efficacia dei consigli di amministrazione considerando lo svolgimento di quelli che ritengono essere i compiti caratteristici dell'organismo: consulenza ai manager, attività di network e lobby, partecipazione al processo decisionale strategico (le cosiddette attività di servizio del cda), controllo della condotta dei manager, controllo dei risultati, controllo delle decisioni strategiche (le cosiddette attività di controllo). Il modello che i tre autori costruiscono e testano prevede, come variabili indipendenti, l'impegno profuso dai consiglieri (in termini di tempo dedicato alla preparazione delle riunioni e attiva partecipazione ad esse), la loro varietà di background lavorativo e il grado di dibattito critico nel corso delle riunioni.L'impegno dei consiglieri è l'unica variabile che evidenzia un impatto positivo su tutti i compiti caratteristici del cda ed è perciò quella da considerare con più attenzione nel tentativo di creare una cultura decisionale orientata al processo all'interno del cda - un aspetto sul quale ha un'influenza particolare il presidente del cda.

I risultati del paper dimostrano quanto sia complessa la realtà. Le variabili scelte dai tre studiosi della Bocconi si rivelano più significative delle tradizionali variabili demografiche, ma ciascuna di esse ha un'influenza specifica su ciascuno dei compiti del cda e i rigorosi controlli messi in campo dagli autori evidenziano anche l'importanza del contesto aziendale e di quello settoriale.