I social network conquistano telefonini e tv
Il giudizio sul successo economico e le implicazioni sociali di siti web 2.0 come YouTube, MySpace, Second Life, Wikipedia, Flickr, LinkedIn, Friendster o Del.icio.us, basati sulle interazioni all'interno di reti sociali, è ancora sospeso, ma una tesi discussa nei giorni scorsi alla Bocconi esplora già i primi casi italiani di estensione delle logiche dei social network alla telefonia mobile e alla televisione.
Web 2.0 è un'espressione coniata nel 2004 da Tim O'Reilly per designare una nuova generazione di siti Internet basati sulla collaborazione e condivisione di contenuti creati dagli utenti. Gli wiki, i social network, le folksonomy (le tassonomie create dagli utenti, che servono da guida alla selezione dei contenuti e alla lettura per altri utenti) sono gli strumenti che hanno reso possibile l'esplosione di fenomeni che hanno destato l'interesse del pubblico e del venture capital.
Gesualdo Vercio, in Il fenomeno del social networking nell'era del web 2.0: sfide e opportunità per le media companies, una tesi seguita da Carlo Alberto Carnevale, mostra come, in Internet, si sia sviluppato un mercato dell'innovazione, di cui sono protagonisti, da un lato, una molteplicità di start up e, dall'altro, un piccolo gruppo di grandi acquirenti con in testa la News Corp di Rupert Murdoch, che nel luglio 2005 ha acquistato MySpace per 580 milioni di dollari (ora il suo valore è stimato intorno ai 6 miliardi), e Google, che si è aggiudicata YouTube nell'agosto 2006 per 1,65 miliardi.
Dal momento che ogni rete sociale aumenta esponenzialmente il proprio valore al crescere del numero di utenti, le dimensioni di queste reti finiscono per costituire un forte meccanismo di lock-in, che spinge gli utenti a non abbandonarle, anche se la percentuale di utenti veramente attivi è sempre piuttosto bassa. Sembra valere la legge dell'1:10:89, per cui ogni 100 utenti uno è davvero attivo nella generazione dei contenuti, dieci partecipano saltuariamente commentando o classificando il materiale, mentre i restanti 89 sono utenti passivi. Yochai Benkler in The Wealth of Networks (di prossima traduzione per Università Bocconi editore) calcola che il 50% delle voci di Wikipedia siano redatte dallo 0,7% degli utenti, mentre il rapporto tra upload e download su YouTube è di 1:1.538.
Vercio fa risalire l'interesse degli operatori economici per i social network al boom del peer-to-peer per la condivisione e lo scambio di musica. "È innegabile che Napster abbia avuto il merito di far comprendere da una parte il forte interesse per la fruizione di contenuti multimediali su Internet, dall'altra una certa propensione alla condivisione", scrive. Classifica i social network in due grandi categorie, la prima delle quali è quella degli aggregatori multimediali, che consentono di cercare e scaricare materiale che va dalle foto (Flickr), alla musica (last.fm), ai video (YouTube), ai semplici link (Del.icio.us). La seconda categoria è quella degli aggregatori sociali, utilizzati per trovare e ritrovare amici (MySpace, Friendster), dating (Love.dada.net in Italia), creare o ampliare un network professionale (LinkedIn).
"Il destino economico di gran parte di questi servizi dipenderà dalla capacità di generare flussi costanti di reddito, consolidando modelli di business che non sono ancora assestati", spiega il relatore della tesi, Carnevale. "Se l'affidamento sulla pubblicità è pressoché universale, solo alcuni riescono a spuntare degli abbonamenti mensili o a farsi pagare per fornire servizi aggiuntivi, che migliorino la visibilità di persone o prodotti sui siti. Una strada promettente è quella del revenue sharing, attraverso il quale gli utenti fornitori di contenuti di qualità possono condividere con i gestori del servizio entrate basate sul numero di download".
Le società di telefonia mobile e quelle televisive, nota Vercio, si sono rese conto della potenzialità dei social network e cercano di sfruttarla anche in Italia. Tim e 3 hanno attivato piattaforme virtuali collegate a piani tariffari pensati per target specifici di età, che consentono di utilizzare il cellulare per creare una sorta di community mobile attraverso la quale rimanere in contatto con gli amici, creare blog, chattare, pubblicare foto. Ma per consentire a questi servizi di decollare davvero, "il primo passo dovrà comunque essere quello della riduzione delle tariffe dati", scrive Vercio.
Va verso l'integrazione tv-web l'esperienza di Mediaset che attraverso il proprio portale, secondo Vercio, mira a diventare un aggregatore non solo di contenuti, ma anche di persone. Al consumo tv su web si sta affiancando la creazione di una community che invii, condivida e commenti i contenuti. Già oggi il TgCom utilizza più filmati provenienti da altre fonti (soprattutto YouTube) che autoprodotti. Il sito delle Iene, vero incubatore di nuove idee per il gruppo, realizza già filmati esclusivi per il web e coinvolge gli utenti invitandoli a doppiare materiali presenti online. Sono da considerare test che vanno nella stessa direzione anche i servizi interattivi (e a pagamento) del sito del Grande Fratello e gli accordi di distribuzione video su Internet sottoscritti con Libero.