I movimenti insegnano una lezione all'impresa
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Da un paio d'anni insegno un corso il cui titolo è Social movements and the competitive strategy of firms, il cui messaggio principale può essere così riassunto: i movimenti sociali non devono essere sottovalutati dalle imprese, sia per i rischi che questi possono causare (se non compresi o sfidati) sia per le opportunità che possono offrire.
Negli stessi giorni in cui aprivo le lezioni, si poneva all'attenzione italiana e mondiale un caso che si potrebbe definire esemplare su entrambi questi aspetti: il caso Barilla. Il 25 settembre, Guido Barilla, presidente del gruppo omonimo, durante un'intervista radiofonica alla domanda "Perché non fate uno spot con una famiglia gay?" ha risposto: "Non lo faremo [uno spot di questo tipo] perché il concetto di famiglia tradizionale rimane uno dei valori fondamentali dell'azienda. Se ai gay piace la nostra comunicazione continueranno a mangiare la nostra pasta, se invece non piace quello che diciamo faranno a meno di mangiarla e ne mangeranno un'altra".
La reazione degli esponenti, dei militanti e dei sostenitori del movimento omosessuale non si è fatta attendere e in poche ore è partita una campagna di boicottaggio su Facebook e sui social media che si è estesa a livello mondiale, soprattutto negli Stati Uniti, dove il movimento gay in questi ultimi anni ha riportato numerose vittorie sul fronte matrimonio e adozione, ma anche dove Barilla ha importanti interessi economici.
La reazione è stata così intensa che il 26 settembre Barilla ha pubblicato sui suoi siti istituzionali e sulle sue pagine Facebook in Italia e negli Usa una dichiarazione di scuse, seguita da un video da parte dello stesso Guido Barilla. Mentre Barilla fronteggiava un vero e proprio incubo di comunicazione, molte aziende concorrenti (tra cui Bertolli, Buitoni, Misura, Garofalo, Ronzoni) lanciavano sui social media una serie di messaggi e spot di segno opposto, a favore delle famiglie di qualsiasi genere, dimostrandosi pronte ad accogliere, in presenza dei boicottaggi annunciati, i clienti in uscita da Barilla.
A distanza di alcuni mesi dalla tempesta mediatica, dopo una serie di incontri con alcuni esponenti del movimento omosessuale, sulla pagina istituzionale del gruppo Barilla campeggia l'annuncio del nuovo board sulle politiche di Diversity & Inclusion, in cui siede un noto attivista gay americano. Il caso Barilla rappresenta, come dicevo, un caso da manuale su alcuni passi falsi che le imprese possono compiere e su come le reazioni dei movimenti sociali, soprattutto attraverso i social media, possano essere intense e istantanee. I movimenti sociali si fondano, infatti, sulla loro capacità di mobilitazione e partecipazione ed esempi recenti quali Occupy Wall Street hanno dimostrato l'importanza di strumenti come Twitter e Facebook nel raggiungere tali obiettivi.
Il caso Barilla insegna, soprattutto alle imprese italiane che non sono mai state toccate da episodi simili o di questa intensità, che le aziende hanno un'identità, non solo di carattere economico ma anche sociale, ed è in questa arena sociale che sono spesso chiamate a prendere posizione. Le imprese non possono quindi dedicare le loro attenzioni solo all'ambiente economico e competitivo, ma devono analizzare anche l'ambiente sociale e capire come questo possa avere conseguenze sul primo. Di questo ambiente sociale, i movimenti sociali sono attori importanti, che non possono essere ignorati e che possono anche creare delle opportunità per quelle imprese che, legandosi alla causa di alcuni movimenti, riescono a sfruttare potenziali strategie di differenziazione e a ottenere spazi di attenzione rilevanti. Così come accade in ambito competitivo, le imprese devono saper riconoscere quali sono i movimenti principali e, tra questi, quali possono essere i potenziali avversari o i potenziali alleati, chi ignorare e chi evitare di sfidare. Una lezione che, se non ben compresa, le imprese sono destinate ad imparare a proprie spese.