I giudici che fanno i conti in tasca allo Stato
Da organo concentrato soprattutto sul controllo preventivo, per verificare che atti e regolamenti fossero conformi alla legge, a vero organo di controllo finanziario, nell'ottica della stabilità dello Stato di fronte alle necessità imposte dal patto di stabilità europeo. Così si è modificato negli anni il ruolo della Corte dei conti, di pari passo al radicale cambio di prospettiva della pubblica amministrazione, passata da una visione autoritaria nei confronti del cittadino ad una in cui quest'ultimo è concepito come utente. Un trend che è stato sintetizzato ieri da Furio Pasqualucci, procuratore generale della Corte, ospite in Bocconi nell'ambito del corso di diritto pubblico tenuto da Arianna Vedaschi.
"L'azione della Corte dei conti si è evoluta in base alle esigenze via via diverse della pubblica amministrazione, sulla quale hanno avuto influenze il rapporto con l'Europa e l'evolversi verso un sistema decentrato", ha spiegato Pasqualucci. Un'evoluzione, quella della corte, in parallelo con l'amministrazione dello stato, che proprio nel decentramento ha visto una delle sfide più impegnative, negli anni in cui il debito pubblico raggiungeva cifre esorbitanti anche a causa della spesa dei comuni. È del 1982 l'introduzione del controllo sulla loro gestione, spinto dalla considerazione che il controllo sugli enti regionali da parte del Coreco (la Commissione di controllo regionale) non appariva sufficiente. "Si era innescato un meccanismo per cui lo Stato incassava e i comuni spendevano, senza che si badasse allo sforamento del bilancio preventivo", aggiunge Pasqualucci.
Ciò che interessa, e su cui la corte deve poter effettuare una verifica, è la concreta gestione da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, ivi comprese quelle territoriali: a partire dal '94, il controllo preventivo di legittimità rimane per gli atti più importanti, mentre grande peso viene dato, appunto, a una valutazione più di merito sulla gestione. Una riforma che va incontro "alla nuova visione aziendalistica della p.a". Il cambio non piace agli enti locali, ma la Corte costituzionale mette l'ultima parola in proposito e stabilisce, con la sentenza 29/1995, che l'azione della Corte dei Conti "deve essere vista non come un controllo autoritario", sottolinea il procuratore generale, "ma 'di collaborazione', con il fine di una buona realizzazione degli obiettivi".
La riforma del Titolo V della Costituzione, con l'impulso all'autonomia degli enti locali e la soppressione del Coreco, pone una nuova sfida circa il controllo sull'operato delle amministrazioni da parte della Corte dei conti, ma, tuttavia, "introduce anche una funzione consultiva da parte della corte, funzione che negli anni sarà spesso utilizzata dagli enti locali".
Il percorso di trasformazione della Corte dei conti e i suoi ambiti di intervento hanno riguardato tanto il compito di controllo che quello giurisdizionale (funzione che distingue l'organo italiano dalle corti similari a livello internazionale). "L'importanza della funzione giurisdizionale della corte", ha spiegato il procuratore generale, "sta tutta nell'esistenza di un pubblico ministero amministrativo e quindi nella possibilità di agire d'ufficio contro i reati che ledono le casse dello Stato". Attività, quella del pm amministrativo, per la quale Pasqualucci si augura "una migliore codificazione della procedura" e nella quale sottolinea l'importanza della formazione: "Anche questa è cambiata nel corso degli anni e oggi la figura del magistrato amministrativo si addice molto a studenti come quelli della Bocconi. È infatti esaltata sia la preparazione giuridica sia quella economica".