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I 4 protagonisti della filiera

, di Tomaso Eridani
Dai produttori ai certificatori, dai trader ai distributori

I produttori del ces sono di piccola dimensione, a gestione familiare o con struttura cooperativa, e la loro adesione è finalizzata a trovare nuovi sbocchi commerciali, al reperimento di sostegni alla produzione e al conseguimento di prezzi più alti di quelli sul mercato tradizionale. In cambio, si impegnano a garantire il rispetto di alcuni requisiti minimi riguardanti le condizioni di lavoro dei dipendenti (in termini, per esempio, di salute ed equi compensi), la sostenibilità ambientale dei processi produttivi e la destinazione a fini sociali e comunitari del premio (il sovrappiù rispetto al prezzo) pagato dagli acquirenti dei loro prodotti.

I trader (esportatori e importatori) invece favoriscono il trasferimento dei prodotti a paesi di consumo. Troppo dispendiosa per i produttori stessi, tale funzione viene spesso esercitata da organizzazioni specializzate, generalmente cooperative, con la proprietà assegnata agli stessi produttori. Queste organizzazioni trattano poi con importatori nei paesi di destinazione. Talvolta invece si tratta di organizzazioni specializzate nel ces o direttamente dei distributori (come alcune catene di supermercati). Gli importatori garantiscono ai produttori contratti di lungo termine che consentano loro di investire nello sviluppo di prodotti sostenibili. Talvolta forniscono un prefinanziamento, per consentire ai produttori di lavorare con tranquillità e senza contrarre debiti. Infine, garantiscono ai produttori un prezzo minimo stabilito, stabilito dalle organizzazioni di certificazioni, e un premio destinato a fini sociali e di sviluppo della propria comunità.

I distributori sono le organizzazioni che vendono i prodotti ces ai consumatori. Nei primi anni questi prodotti venivano distribuiti quasi esclusivamente attraverso le ‘botteghe del mondo’, gestite da organizzazioni senza scopo di lucro, che svolgono anche un ruolo cruciale di informazione e sensibilizzazione. Più recentemente, i prodotti ces hanno anche trovato sbocco nelle catene della grande distribuzione (supermercati e ipermercati).

L’ultimo soggetto della filiera è rappresentato dai certificatori. La presenza di un “marchio di garanzia” credibile ed affidabile è infatti cruciale per i consumatori. “Come per i prodotti biologici il consumatore è disponibile a pagare un sovrapprezzo solo se è garantito il buon fine dei suoi soldi,” spiega Mori.

A tale scopo, nel 1997 le varie organizzazioni nazionali hanno dato vita a FLO (Fairtrade Labelling Organization) che agisce come ente internazionale di certificazione con il marchio “Fairtrade” che ormai caratterizza il ces a livello mondiale. FLO stabilisce soprattutto gli standard che debbono essere rispettati dai produttori per essere denominati equo solidali. L’uso del marchio Fairtrade alle aziende che vendono prodotti ces viene concesso dalle organizzazioni nazionali di FLO (per l’Italia la Fairtrade Transfair Italia) contro il pagamento di royalties, basate sul valore dei prodotti, che ammontano a circa l’1,5-2% del prezzo al consumo. Esse incidono, per esempio, per circa 23 centesimi al kg di caffè ces e 17 centesimi al kg di miele ces.