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Globalizzazione e' inefficienza

, di Paolo Epifani - professore associato di economia politica presso il Dipartimento di economia della Bocconi
Nelle economie piu' aperte cresce troppo il settore pubblico. E paga il consumatore estero

È opinione diffusa che la globalizzazione costringa i governi dei paesi più esposti alla concorrenza internazionale a ridurre le tasse e la spesa pubblica per attrarre investimenti dall'estero, o quanto meno per evitare la delocalizzazione delle imprese domestiche. I dati mostrano, tuttavia, che i paesi con un'economia più aperta hanno un settore pubblico sovradimensionato.

La principale spiegazione di questo fatto è proposta da Dani Rodrik, che sostiene che nei paesi più aperti le imprese e i lavoratori sono più esposti ai rischi esterni e quindi chiedono maggiore protezione da parte del governo. Questa spiegazione non è convincente: non è ovvio che più apertura comporti più esposizione al rischio, poiché comporta anche maggiori opportunità di diversificazione del rischio. Inoltre, i dati mostrano che le componenti della spesa pubblica più legate al welfare non sono correlate al grado di apertura di un paese.

Con Gino Gancia, proponiamo una spiegazione diversa. La nostra idea è che i paesi più aperti hanno un settore pubblico più ampio perché il costo dei beni pubblici è tanto minore quanto maggiore è il grado di apertura commerciale di un paese. Il motivo è che un aumento del settore pubblico riduce il settore privato e quindi l'offerta di esportazioni. Se la domanda mondiale di beni domestici è inclinata negativamente, ne consegue un miglioramento delle ragioni di scambio. Ciò implica che il costo reale della spesa pubblica sia in parte scaricato sui consumatori esteri. Inoltre, questo effetto è più forte nei paesi più aperti, perché gli effetti reali di variazioni delle ragioni di scambio sono proporzionali al volume degli scambi. Infine, esso può essere molto forte anche nei paesi piccoli, se producono beni differenziati.

Ad esempio, Nokia produce cellulari che sono percepiti come diversi da quelli di Motorola. Da ciò consegue che anche un paese piccolo come la Finlandia è un price setter sui mercati internazionali. Pertanto, se il prezzo di un cellulare Nokia riflette in parte il costo della tassazione, allora ogni unità venduta all'estero fornisce un sussidio allo stato sociale finlandese. I nostri dati confermano che la correlazione positiva tra grado di apertura commerciale e spesa pubblica vale solo per i paesi che producono beni differenziati.

Che l'espansione del settore pubblico sia trainata da considerazioni sulle ragioni di scambio può apparire poco plausibile. Lo è meno se si comprende che in economia aperta i movimenti delle ragioni di scambio e dei salari relativi sono connessi. Un aumento della spesa pubblica sposta la spesa interna dal settore privato al settore pubblico e ciò aumenta la domanda di lavoro domestico, in quanto i beni pubblici sono prodotti quasi esclusivamente utilizzando lavoro domestico, mentre i beni privati sono in parte importati. I nostri risultati sono quindi simili alla visione keynesiana secondo cui la spesa pubblica può essere usata per sostenere la domanda di lavoro domestico.

La crescita del settore pubblico indotta dalla globalizzazione peggiora il benessere perché causa un eccesso di spesa pubblica in assenza di coordinamento internazionale delle politiche fiscali. Con effetti negativi che vanificano gli effetti positivi della globalizzazione sul settore privato. Il Wto sarebbe il luogo adatto per favorire il coordinamento internazionale anche delle politiche fiscali. Il principale ostacolo, tuttavia, è che la politica fiscale è ancora percepita come una questione di pertinenza dei governi nazionali, malgrado le esternalità che essa induce.

Una sconfortante implicazione dei risultati è che la globalizzazione può aumentare la tentazione per i policy maker di usare le risorse pubbliche per i propri fini privati. Ciò in quanto lo spreco di risorse pubbliche è minore in economia aperta, essendo in parte compensato da un miglioramento delle ragioni di scambio. Contrariamente a quanto si crede, la globalizzazione può pertanto proteggere e persino promuovere l'inefficienza del settore pubblico.