Gli ospedalini dei dottoroni
Le regioni del Sud Italia registrano delle performance sanitarie inferiori alle regioni più mature del Centro-Nord Italia. Ovviamente il Mezzogiorno sanitario italiano non è tutto uguale: Puglia e Basilicata presentano risultati migliori rispetto alla Calabria, la Campania, Abruzzo e la Sicilia. Il Lazio è la regione con il peggior disavanzo d'Italia, avendo raggiunto i 10 miliardi di debiti sanitari accumulati.
Il Sud è caratterizzato da una rete ospedaliera fatta da piccoli ospedali locali, con bassi livelli di specializzazione e di differenziazione tra di loro. Questi ospedali di prossimità registrano tassi di occupazione modesti, profili di ricoveri frequentemente impropri, orientandosi verso un'utenza fragile e di anziani, che richiederebbe risposte alternative. Le strutture intermedie (strutture per anziani, lungodegenze, riabilitazioni) sono insufficienti, determinando il ricorso improprio all'ospedale e determinando il triplice effetto negativo di offrire un'assistenza inadeguata, di costare di più e di deprimere il livello motivazionale dei medici. Inoltre, le cure domiciliari, le prestazioni di medicina generale, la specialistica ambulatoriale sono deficitarie, in particolare rispetto alle patologie seguite, troppo leggere. Questo è incoerente rispetto al quadro epidemiologico emergente, che osserva il prevalere di patologie croniche di lunga durata.Le alte specialità sono talvolta insufficienti, altre volte non messe a rete tra loro e caratterizzate da concentrazioni geografiche nei capoluoghi. I meccanismi di accesso sono percepiti come iniqui e inefficienti a causa delle distorsioni determinate dal clientelismo. Vi è poi spesso un eccesso di medici rispetto al numero di infermieri, che determina un sottoutilizzo dei primi e una carente assistenza percepita.Infine, il settore privato accreditato è largamente presente al Sud. Esso è fatto però da un numero eccessivo di piccoli imprenditori locali, non coordinati tra di loro (in Sicilia, 600 laboratori di analisi privati, oltre quelli pubblici). Essi si collocano sulla fascia bassa del mercato dal punto di vista delle patologie trattate, con servizi relativamente modesti. Al contrario, molte delle strutture private del Nord sono di medie dimensioni, afferiscono a grandi gruppi imprenditoriali del settore e si focalizzano sulle alte specialità. Il settore privato meridionale contribuisce quindi a spingere verso il basso il livello di specializzazione dei servizi. Le determinanti di questo quadro sono rintracciabili nelle scelte di politica sanitaria e nelle caratteristiche delle aziende del Ssn. Innanzitutto, le aziende hanno un focus direttivo nella politica e nella burocrazia, tenendo sullo sfondo la dimensione aziendale, che dovrebbe invece caratterizzare il comportamento del management. Le scelte sono dettate da esigenze politiche locali. Questo spiega la difesa a oltranza di piccoli ospedali di paese. Il prevalere di logiche politiche è determinato anche dalla relativa instabilità del management sanitario al Sud, che ha il proprio apice in Calabria dove i direttori generali rimangono in carica meno di 2 anni.La sanità è poi caratterizzata dal 'peso' organizzativo dei professionisti (in particolare i primari), con una specializzazione del lavoro che determina frammentazione delle strutture organizzative. I professionisti risultano pertanto dotati di significativa autonomia. Per razionalizzare il sistema occorre quindi un'azione istituzionale sovraordinata autorevole, che tenga testa alla forza e al sapere specialistico dei professionisti. Le regioni si differenziano proprio per la capacità di costruire meccanismi sovra-istituzionali autorevoli per contrapporsi al potere dei professionisti. La debolezza meridionale risiede in particolare nelle fasi attuative, quando prevalgono le resistenze al cambiamento, promosse dai professionisti e sostenute dai poteri campanilistici.