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Gli attacchi di Mumbai visti da un bocconiano a Delhi

, di Paolo Rainone - studente in scambio all'Mdi di Gurgaon
Paolo Rainone, in scambio al Management development institute di Gurgaon, si confronta con i compagni di Mumbai che chiamano casa e con quelli pakistani che credono nella fratellanza dei due popoli

"È guerra a Mumbai" titola il Times of India, il quotidiano più letto nel Subcontinente asiatico, la mattina successiva agli attentati terroristici avvenuti nella capitale economica indiana. Le immagini che scorrono sullo schermo al plasma, unico oggetto tecnologico nell'antiquato refettorio del nostro studentato, mostrano orrore e morte nel centro della città.

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Siamo al Management development institute (Mdi), una delle cinque migliori business school dell'India, costantemente citata nelle più prestigiose riviste nazionali e internazionali. Ci troviamo a Gurgaon, a circa 1.200 chilometri da Mumbai, la stessa distanza che divide Milano e Madrid. Impero ineguagliato del real estate, Gurgaon è conosciuta come la Dubai indiana: qui sorgono in pieno deserto i futuristici palazzi di acciaio e vetro che ospitano i quartier generali delle multinazionali e delle società di consulenza e revisione più famose al mondo. A soli 10 chilometri di distanza c'è l'International Indira Gandhi airport di Delhi, crocevia di uomini d'affari in cerca di fortuna in questo paese dall'economia emergente. Dopotutto è lo stesso motivo per cui anch'io mi sono momentaneamente allontanato dalla Bocconi per venire in questo paese. La capitale indiana è solo a una ventina di chilometri dal campus, ma le infrastrutture inadeguate e il traffico rendono ogni volta il viaggio un'odissea che può durare ore. Il campus è letteralmente un'oasi; lontana dal caos e dalla grande metropoli, ospita decine di exchange students ogni anno e studenti provenienti da tutte le parti dell'India. Ce ne sono tanti di Mumbai, a meno di un'ora e mezza di volo da qui.

«Bad day, man!» mi dice Saurabh. Con lui siamo amici, dovrei andare a trovarlo a Mumbai dopo gli esami, tra un paio di settimane, se la situazione si placa. Chinmay e Kiera, anch'essi della metropoli colpita dalla strage chiamano i propri genitori per sapere come stanno. Tutto tranquillo, pare. Il rischio è solo in alcune zone. Già, un fenomeno locale. Quando chiedo a Yash, vicino di stanza, un parere sull'accaduto, mi dice: «Mi raccomando, si tratta di episodi che hanno colpito solo alcune zone di Mumbai; che non si dica che l'India è un paese pericoloso!». Peccato che il 2008 sia stato un anno di sangue per il paese, colpito ben 11 volte dai terroristi.

L'idea che si percepisce è più quella di una guerra, una nuova guerra, più che di una serie di attentati. L'incredibile organizzazione dei terroristi e la contemporaneità degli eventi in più punti della capitale finanziaria della nazione, sembrano essere stati orchestrati da qualcosa di più grande di un semplice gruppo di criminali. Una guerriglia che da troppo tempo sta logorando le due superpotenze nucleari: India e Pakistan.

Per la prima volta nella storia dell'Mdi, quest'anno, ci sono quattro ragazzi pakistani in scambio come noi. I professori e tutti i ragazzi indiani li hanno accolti con grande entusiasmo, quasi a voler spazzar via i pregiudizi verso questa nazione che lo stesso governo e i mass media fomentano. Il loro visto sul passaporto non gli permette di unirsi a noi europei per i viaggi in giro per il Subcontinente, loro possono al massimo arrivare a Delhi, senza nemmeno uscire dal territorio regionale. Uno dei quattro, Adnan, musulmano, mi dice: «Sono venuto a studiare qui per dimostrare a me stesso e a gli altri che siamo popoli molto simili. La ragione del conflitto è dettato da motivi esclusivamente politici, l'Islam non c'entra nulla. Spero il tutto si risolva al più presto».

Purtroppo sul campo rimangono più di cento morti e centinaia di feriti, ma a pochi, qui, sembra interessare questo.Tutti concentrati sugli imminenti esami, sulla crisi economica mondiale che anche in India si fa sentire o sul placement, che qui all'Mdi è una vera e propria ossessione. Nonostante tutto la Madre India rimane un paese su cui investire e scommettere, con tanti ostacoli da superare ma mosso dalle enormi prospettive di crescita.

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