Gli assetti proprietari, non granitici ma camaleontici
I risultati di una recente ricerca condotta dall'Osservatorio Assolombarda-Bocconi sulla competitività delle imprese lombarde smentisce l'idea che gli assetti proprietari delle aziende italiane siano così rigidi e immodificabili da frenare l'evoluzione sia delle singole imprese sia dell'intero sistema economico.
Si usa dire che gli assetti proprietari delle imprese difficilmente si modificano poiché sono assetti di potere che, per loro natura, tendono a perpetuarsi. Nella situazione di crisi economica che stiamo attraversando, gli assetti di proprietà di molte imprese sono sottoposti a forti pressioni. Sarà interessante osservare le resistenze, le forme e gli esiti delle trasformazioni e i loro effetti, positivi o negativi, sulla ripresa economica.
Parecchie delle 30 imprese analizzate hanno una storia piuttosto lunga. Solo quattro sono nate dopo il 1980, mentre 15 sono sorte tra il 1945 e il 1980 e ben 11 prima del 1945. Ventidue imprese sono nate ex-novo come piccole iniziative autonome, spesso a carattere artigianale, ad opera di uno o più soci. In otto casi le imprese sono invece frutto di realtà imprenditoriali preesistenti. In un paio di casi si tratta di imprese nate come filiali italiane di imprese estere; in altri, di nuove iniziative sbocciate nell'ambito di gruppi di imprese a controllo familiare. In altri casi ancora, le imprese sono spin-off di imprese che cedono a nuovi soggetti rami di azienda, oppure nuove imprese costituite in joint venture con altri soci.
In poco più della metà (17 casi) la dinamica dell'assetto proprietario non ha fatto registrare particolari scossoni; la famiglia proprietaria o la capogruppo non sono variate; si sono registrate le tipiche problematiche dei passaggi generazionali in ambito familiare. In 13 casi, e dunque in un'alta percentuale delle realtà analizzate, gli assetti proprietari hanno invece mostrato discontinuità. I soggetti di controllo sono cambiati con passaggi di proprietà tra differenti famiglie o differenti capogruppo, con l'apertura del capitale a investitori istituzionali in posizione di controllo o con la quotazione in borsa.
Queste discontinuità negli assetti proprietari sono quasi sempre correlate a discontinuità strategiche che possono essere sia gravi crisi reddituali e finanziarie (3 casi) sia grandi opportunità e piani di rapida crescita (5 casi). In altri casi però si tratta semplicemente di situazioni in cui un soggetto giudica conveniente cedere la propria impresa funzionante ad altro soggetto che ritiene di trarne vantaggio (5 casi). Entrando nel dettaglio delle storie di cambiamento degli assetti proprietari, si osserva una grande varietà di fenomeni. Nei 30 casi analizzati, per esempio, vi sono aziende che nascono da uno spin-off, dopo un anno sono oggetto di un management-buy-out e dopo altri dieci anni si quotano in borsa. Oppure il caso di un'azienda familiare di seconda generazione, e di grande successo, che dal 1992 si apre a fondi di private equity e che, in tempi recenti, cede agli stessi la maggioranza del capitale con l'obiettivo di raddoppiare o triplicare rapidamente le dimensioni mediante acquisizioni. O, ancora, situazioni che vedono il temporary manager diventare proprietario dell'impresa in gravissima crisi che è stato chiamato a risanare, oppure una famiglia italiana acquistare la filiale di una multinazionale estera e successivamente acquisire il controllo dell'intera multinazionale.
È assolutamente evidente, quindi, che moltissime imprese non crescono o si esauriscono perché non trovano la forza di modificare l'assetto proprietario in coerenza con le dinamiche dei settori e dei mercati nei quali operano. Il fatto che 13 delle nostre 30 aziende abbia cambiato radicalmente il proprio assetto proprietario (in aggiunta ai cambiamenti interni per passaggi generazionali) può essere un indizio di crescente capacità di adattamento e ciò può essere interpretato come fattore positivo nella prospettiva del superamento dell'attuale crisi economica.