Federalismo fiscale: una riforma destinata a non nascere?
L'attuazione del federalismo fiscale, uno dei tanti tasselli della tuttora incompiuta riforma del Titolo V della Costituzione, sembrava ormai, a seguito dell'approvazione delle legge n. 42/2009 che delega il governo ad adottare entro due anni i decreti delegati attuativi, essere destinata a procedere senza più impedimenti di sorta.
Eppure, a un anno dall'emanazione della delega e a uno dalla scadenza della stessa, solo uno dei decreti previsti è stato sino ad ora emanato dal governo; inoltre tale decreto, dedicato al federalismo demaniale, era sicuramente quello di più agevole predisposizione in quanto non interessato dai concetti cardine della riforma non ancora definiti e specificati (su tutti, costi standard e fondi perequativi). L'attualità politica e la crisi globale dell'economia sembrano avere fagocitato la riforma fiscale-federale e averla resa quasi un miraggio.
La fase di stallo che sta attraversando l'implementazione della legge n. 42 rende i rapporti tra Stato, Regioni ed Enti locali sempre più tesi e confusi. Al sempre maggiore trasferimento di funzioni dal livello centrale a quello locale – iniziato con la riforma Bassanini del 1999 – non è ancora corrisposto un trasferimento di risorse. L'autonomia fiscale di entrata e di spesa è per Regioni ed Enti locali ancora una chimera, ancora più irraggiungibile alla luce della recente manovra finanziaria con l'ennesimo taglio di risorse. A ciò si deve aggiungere l'ulteriore incertezza derivante dalla mancata definizione dei costi standard, perno attorno a cui ruota la riforma e che consentirà il superamento del criterio della spesa storica con la definitiva fine della finanza derivata, e dell'effettivo funzionamento dei fondi perequativi.
Questo quadro fortemente fluido e mutevole, privo sostanzialmente di punti di riferimento per gli amministratori locali, è particolarmente sofferto dal Comune, l'ente di governo più vicino al cittadino. I Comuni si trovano infatti a dover far fronte a ingenti spese finalizzate all'erogazione di servizi ai cittadini senza però avere le entrate adeguate. Non si può non ricordare come l'abolizione dell'Ici abbia negativamente influito sulle casse comunali come pure le difficoltà del governo nel ridisegnare le entrate comunali; e qui il riferimento è all'Imu (imposta municipale unica), nuova "creatura" del ministro Tremonti, che sembra anch'essa destinata a rimanere in sospeso, nel limbo delle riforme necessarie ma politicamente non troppo popolari per l'immagine del governo. Proprio su queste tematiche di stringente attualità su cui è atteso e auspicato quanto prima l'intervento chiaro e incisivo del governo, si sono confrontati amministratori locali di realtà significative – il sindaco di Varese, Attilio Fontana, e di Piacenza, Roberto Reggi – e professori esperti della materia – Giuseppe Franco Ferrari (Bocconi) e Franco Osculati (Università di Pavia) – nel corso della giornata di studio dedicata a federalismo fiscale e sistema delle autonomie, tenutasi presso la Bocconi lo scorso 12 luglio.
L'iniziativa ha anche fornito un quadro sulle soluzioni adottate in altri ordinamenti, evidenziando le best practice di alcuni di essi (Germania e Svizzera) e i fallimenti di altri (Argentina). Resta ora da vedere, a meno di un anno dalla scadenza della delega, quali saranno le prossime scelte del governo per riuscire, nei tempi previsti, a dare implementazione alla legge n. 42.