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Federalismo fiscale senza vincitori

, di Fabio Todesco
Una short note Econpubblica simula il nuovo sistema di finanziamento e perequazioni di regioni e comuni. Non e' sempre il Nord a guadagnarci e si impone una certa attenzione per il periodo di transizione

La legge delega sul federalismo fiscale, approvata l'1 maggio, determina una redistribuzione delle risorse tra regioni e tra comuni in direzioni tutt'altro che scontate. L'aspettativa diffusa di un vantaggio generalizzato per il Nord a discapito del Sud del paese non trova conferma nelle Prime simulazioni del sistema di finanziamento e di perequazione di regioni e comuni previste dalla legge sul federalismo fiscale, pubblicate in forma di short note di Econpubblica da Giampaolo Arachi (Università del Salento ed Econpubblica Bocconi), Vittorio Mapelli (Università di Milano) e Alberto Zanardi (Università di Bologna ed Econpubblica Bocconi).

Il passaggio da un sistema che finanzia le spese, a partire da quella sanitaria, secondo il criterio dei livelli storici a uno che riconosce soltanto costi standard, allo scopo di promuovere l'efficienza e l'efficacia, "potrebbe comportare un diverso livello di risorse complessivamente attribuite all'insieme delle regioni e una diversa distribuzione delle risorse tra regioni", scrivono i tre autori.

La sola applicazione dei costi standard alla parte del settore sanitario che eroga i livelli essenziali di prestazioni o livelli essenziali di assistenza comporterebbe un risparmio di 2,75 miliardi di euro (sui circa 41 miliardi di spesa per gli ospedali pubblici), con i maggiori risparmi in Lazio (-573 milioni), Campania (-554) e Lombardia (-493), mentre per regioni come Liguria, Toscana, Marche e Basilicata non cambierebbe sostanzialmente nulla.

Se l'introduzione dei costi standard fosse accompagnata da quella di un tasso di ospedalizzazione programmato e da livelli standard di consumo dei farmaci i risparmi sarebbero molto più consistenti (dai 3,74 ai 5,19 miliardi, ai quali si potrebbero aggiungere 2,39 miliardi di maggiori finanziamenti per l'assistenza specialistica e residenziale a compensazione della riduzione dei ricoveri ospedalieri). Lazio, Campania e Lombardia sarebbero le regioni in cui si concentrerebbero maggiormente i risparmi.

La legge delega prevede anche di eliminare i trasferimenti statali per le funzioni regionali non fondamentali e di sostituirli con un'addizionale Irpef. Si tratta di una cifra stimabile (certamente per eccesso, ammettono gli autori) in 4,2 miliardi, pari a 85 euro pro-capite. L'aliquota Irpef addizionale necessaria a ottenere lo stesso gettito è dello 0,75%. Dal momento che, oltre al gettito pro-capite derivato dall'addizionale, anche il valore dei trasferimenti aboliti è più alto al Nord che al Sud, neppure questo cambiamento favorisce univocamente il Settentrione: Molise, Campania e Basilicata registrano un differenziale positivo, Piemonte, Veneto e Toscana uno negativo. La normativa prevede, comunque, una perequazione per alleviare le differenze tra regioni, che si tradurrebbe in 431 milioni di euro, con il contributo maggiore (194) dalla Lombardia e il beneficio maggiore per Campania (189) e Puglia (120). Sommando i guadagni (perdite) della fiscalizzazione e della perequazione, si arriva a un totale di 519 milioni di euro con una sola regione, la Campania, che se ne aggiudica più della metà e Piemonte, Veneto e Toscana a sopportare la maggior parte della perdita.

Arachi, Mapelli e Zanardi concludono la short note con una stima del finanziamento delle funzioni non fondamentali dei comuni, pure interessate alla riforma. Anche in questo caso si ipotizza un'addizionale Irpef (dell'1,84%) e una successiva perequazione e si delinea una situazione ancora più irregolare di quella regionale. Se in media, ai due estremi, ogni cittadino lombardo contribuisce alla perequazione con 51 euro e ogni calabrese se ne avvantaggia per 73, la mappa di ciascuna regione è piuttosto disomogenea.

Ancora più disomogenea, se si eccettua l'evidente svantaggio per i comuni delle province e regioni autonome, è la mappa dei vincenti e perdenti in quanto a risorse disponibili nel passaggio dal sistema a spesa storica a quello perequativo. "Data l'irrazionalità dell'attuale distribuzione tra comuni delle risorse finanziarie", concludono gli autori, "l'emergere in molti comuni di ampi divari tra spesa storica e risorse perequate secondo la riforma non comporta necessariamente una valutazione negativa del nuovo regime ma certamente evidenzia un elemento critico per la sua accettabilità politica e rende assai delicata la transizione verso la sua piena adozione".