Per fare la differenza
The New York Times Magazine del 31 marzo scorso ha dedicato la copertina al lavoro di Adam Grant, un ricercatore di Wharton che studia la motivazione nelle professioni con un elevato impatto sociale. Un tema, questo, che nasce dall'esigenza di spiegare comportamenti incoerenti con il paradigma razionalista dell'homo oeconomicus, sul quale si fondano i modelli economici e manageriali tradizionali. Cosa ha spinto, ad esempio, 403 tra vigili del fuoco, paramedici e agenti a sacrificare la propria vita per soccorrere le vittime degli attentati al World Trade Center dell'11 settembre 2001? Perché l'introduzione di incentivi monetari per infermieri, insegnanti e assistenti sociali spesso non produce i risultati sperati o è addirittura controproducente?
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Nicola Bellé |
Ho dedicato gli ultimi quattro anni della mia attività di ricerca allo studio delle cause della motivazione pro-sociale e delle sue ricadute pratiche all'interno delle organizzazioni pubbliche. Un mio articolo recentemente apparso su Public Administration Review riporta i risultati di uno studio condotto con infermieri volontari impegnati nell'assemblaggio di kit chirurgici per operatori sanitari in un paese in via di sviluppo. Adottando un metodo simile a quelli della sperimentazione dei farmaci, ho suddiviso casualmente gli infermieri in due gruppi: un gruppo "di controllo", non soggetto ad alcuna manipolazione, e un gruppo "trattato", al quale ho fatto incontrare un operatore sanitario del paese beneficiario. In media, gli infermieri esposti al contatto con il destinatario dei loro sforzi hanno dedicato più tempo al progetto (+64%), hanno assemblato più kit chirurgici (+107%), hanno prodotto più pezzi per ora di lavoro (+15%) e commesso meno errori di assemblaggio (-33%). Dall'incrocio di questi dati con le risposte a un questionario psicometrico è emerso che la miglior performance del gruppo esposto al contatto con il beneficiario è derivata da una maggiore consapevolezza dell'impatto sociale del proprio lavoro. Creare occasioni di incontro con i destinatari può avere un evidente effetto motivante sui dipendenti con mansioni di back-office, che solitamente non hanno l'occasione di toccare con mano il risultato finale dei propri sforzi. Incontrare i beneficiari a distanza di tempo può avere un impatto positivo anche su figure professionali esposte al contatto con gli utenti – quali insegnanti, medici, poliziotti – che però raramente hanno l'opportunità di osservare l'impatto del proprio lavoro nel lungo periodo.
Con un terzo gruppo di infermieri ho tentato di indurre un effetto simile attraverso un intervento diverso, ossia il coinvolgimento nel reclutamento di nuovi volontari per lo stesso progetto. Una vasta letteratura suggerisce che, nel tentativo di convincere altri a compiere un'azione meritoria, rafforziamo la nostra consapevolezza dell'importanza della causa che peroriamo. Anche in questo caso, la performance del gruppo coinvolto è stata superiore a quella del gruppo di controllo in termini di tempo dedicato al progetto (+48%), numero di kit assemblati (+84%), produttività (+16%) e tasso di errore (-31%).
Mentre l'onda lunga della crisi erode i bilanci di ministeri, comuni, scuole e ospedali, queste organizzazioni e i loro manager non hanno altra scelta che aumentare la motivazione dei propri dipendenti per continuare a garantire i servizi pubblici essenziali. Lo possono fare con interventi concreti, per giunta a costo zero o quasi, alimentando la consapevolezza dei dipendenti che attraverso il loro lavoro possono fare la differenza.