Fame, tutti gli effetti della crisi
Sono ormai quasi un miliardo le persone che, nel mondo, soffrono la fame. Il problema era già grave prima dell'impennata dei prezzi dei beni alimentari degli ultimi anni, tanto che il numero delle persone sottonutrite è rimasto pressoché stabile intorno agli 850 milioni dal 1990 al 2005, ma nel biennio 2007-2008, in coincidenza con l'aumento dei prezzi, esso è cresciuto di 115 milioni di unità. Lo ha ricordato ieri pomeriggio alla Bocconi Kostas Stamoulis, direttore dell'Agricultural and development economics division della Fao, al convegno Economia della fame e fame di buona economia, nell'ambito della Giornata in ricordo di Roberto Franceschi.
A soffrire maggiormente l'impatto degli aumenti sono stati, logicamente, i poveri dei paesi in via di sviluppo (e non solo nelle aree urbane), gli agricoltori non proprietari e i nuclei famigliari guidati da donne. Il caro-cibo è stato percepito anche in Occidente e forse anche questo ha contribuito a una reazione internazionale che, ora che i prezzi tornano a scendere, rischia di svanire.
Con la crisi finanziaria, ha sostenuto Stamoulis, il rischio è che i miliardi promessi non vengano mai messi davvero a disposizione dei paesi in via di sviluppo. Anche la diminuzione dei prezzi non sarà necessariamente positiva: non diminuiranno solo quelli degli alimentari e perciò, dopo il primo anno, l'impatto netto sarà negativo per via della diminuzione più che proporzionale del reddito.
"Nella lotta alla fame si deve superare la logica emergenziale", ha detto Stamoulis, "per affrontare i problemi di lungo periodo: l'urbanizzazione (nel 2050 saremo in 9 miliardi e il 99% della crescita riguarderà le aree urbane dei paesi in via di sviluppo); la concorrenza dei biocarburanti, la scarsità di terra e acqua, i cambiamenti climatici". Tutti problemi che possono essere risolti solo con una governance complessiva, il cui sviluppo è stimolato dalla definizione di un diritto al cibo, sancito per la prima volta in sede internazionale nel 1996 e ribadito, nel 2004, con la pubblicazione di linee guida volontarie, frutto di un compromesso politico, ma comunque positive. Anche se la sola dimensione giuridica non esaurisce l'argomento, il concetto di diritto al cibo sostiene le politiche di sicurezza alimentare, perché crea un nuovo contesto legale, all'interno del quale le popolazioni sottonutrite possono farsi sentire e nel cui ambito risultano più efficaci le pressioni politiche. La mancanza di risorse per la lotta alla fame, ha concluso Stamoulis, è il frutto della mancanza di volontà politica, della mancanza di un sistema di governance globale del problema e del mancato accesso a una base di dati scientifici di qualità.