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Extracomunitari i nuovi outsider del lavoro

, di Orsola Razzolini - docente di diritto del lavoro alla Bocconi
Mentre i campi hanno bisogno degli stranieri, la legge rende l’assunzione un percorso a ostacoli

Dopo i fatti di Rosarno, le forze politiche, preoccupate per l'incolumità dei cittadini e la sopravvivenza degli agricoltori 'virtuosi', puntano il dito contro gli immigrati clandestini e lo sfruttamento del lavoro nero nel settore agricolo.

Secondo il rapporto di Confagricoltura del novembre scorso, il settore agricolo occupa 1.085.000 unità, di cui 933.000 sono operai a tempo determinato. L'elevata richiesta di forza lavoro flessibile e di basso contenuto professionale deriva dalle esigenze dell'attività agricola che si fonda in buona parte su lavori semplici concentrati in brevi periodi dell'anno. Non stupisce dunque che, stando ai dati Inps, il 10% della forza lavoro sia costituito da operai extracomunitari, il 74% dei quali si occupa di culture arboree, raccolta di frutta e ortaggi. Il lavoro degli extracomunitari assume nel settore agricolo un ruolo centrale e positivo specie nel Meridione. Secondo l'Istituto nazionale di economia agraria (Inea), in Calabria il 61% degli immigrati richiede permessi di soggiorno per lo svolgimento di attività agricole stagionali. Il carattere stagionale spiega il rilievo centrale del contratto di lavoro a termine, non per caso escluso dalle limitazioni previste dalla legge in materia. Hanno trovato poi largo consenso gli interventi legislativi rivolti a estendere il lavoro occasionale (lavoro tramite voucher) alle attività agricole stagionali. La complessa normativa lascia margini di dubbio. Ai sensi del nuovo art. 70, d.lgs. 276/2003, nel caso di attività agricole stagionali, dove è altissima la richiesta di manodopera extracomunitaria specie nel Sud, il lavoro occasionale può essere svolto solo da pensionati, studenti e casalinghe, con esclusione degli extracomunitari. Nelle attività agricole 'senza aggettivi' il lavoro occasionale può essere invece svolto da chiunque ma il committente può essere solo un produttore agricolo con un volume di affari annuo inferiore a 7.000 euro. Si spiega così in parte il risultato del monitoraggio svolto nel 2009 dal ministero del lavoro sui voucher venduti: in un anno, il picco massimo di vendite si è raggiunto in Veneto (212.329 buoni da 10 euro e 19.385 buoni da 50 euro); il picco più basso in Molise e in Calabria (1.000 buoni da 10 euro e 0 buoni da 50 euro).

A spiegare la diffusione del lavoro nero in agricoltura: lo strumento principale per acquisire manodopera extracomunitaria nelle attività stagionali resta il contratto a termine, con un'aliquota contributiva (35,30%) superiore a quella prevista per le aziende che operano in altri settori o in altri paesi europei; l'assunzione di extracomunitari è costellata da rigidità burocratiche disarmoniche rispetto alle esigenze delle aziende; l'attività ispettiva e di vigilanza è ancora carente. Il tutto è aggravato dalla concorrenza globale che ha ridotto il mercato dei prodotti del Sud i cui costi di produzione superano i prezzi di mercato. In questo contesto, appaiono ragionevoli le misure proposte da Confagricoltura rivolte a incidere su ciascuno di tali fattori. Nel contempo, il ministro Zaia promuove la certificazione etica sui prodotti agricoli e il Parlamento sospende l'esame del disegno di legge sulla cittadinanza, a rischio di strumentalizzazioni dopo i fatti di Rosarno. Tuttavia, alle origini di questa vicenda vi è un fenomeno di concorrenza sleale che, se trova incentivi nel quadro economico e normativo e nella diffusione della criminalità organizzata, si fonda ancor prima sul disconoscimento del diritto alla libertà dal bisogno di cui nelle moderne società civili è titolare il cittadino ma non ancora l'individuo. Nel diritto del lavoro, occorre oggi riflettere sul grave fenomeno di concorrenza insider-outsider che riguarda non più solo la dicotomia occupati-disoccupati bensì la dicotomia cittadini-non cittadini.