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Euroscetticismo. Paura della modernità?

, di Anna Boccassini
Per Sergio Romano l’eurofobia di parte dell’opinione pubblica europea è una reazione ai cambiamenti sempre più accelerati del mondo moderno


L'ambasciatore Sergio Romano

"Chi è stato a Davos nei giorni scorsi o ha letto gli articoli dal foro economico mondiale si sarà accorto che ormai la carta economica del mondo è cambiata. Non siamo più al centro. Stiamo slittando progressivamente alla periferia dell'economia mondiale. I grandi protagonisti dei prossimi decenni saranno probabilmente i paesi dell'Asia".

Sergio Romano, ambasciatore e noto editorialista del Corriere della Sera, è intervenuto a un incontro del ciclo "le serate del villaggio europeo", promosso dalla Rappresentanza di Milano della Commissione Europea, il 31 gennaio scorso in Libreria Egea.

Secondo Romano, i cambiamenti sempre più accelerati della modernizzazione hanno contribuito in modo forte a diffondere i sentimenti di sfiducia e diffidenza nell'Europa che serpeggiano oggi tra le pieghe del vecchio continente.
Occasione della serata, la presentazione del volume "Stampa e opinione pubblica in Europa nel 2005", di Paolo Pombeni. Il libro raccoglie i frutti del lavoro di un anno del Centro Studi Progetto Europeo. Il centro di ricerca, nato nel febbraio del 2005 grazie al finanziamento della Cassa di Risparmio di Bologna, monitora i movimenti dell'opinione pubblica di alcuni paesi dell'Unione in tema di Europa. I ricercatori fanno uno spoglio regolare della stampa di Italia, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e, da gennaio, anche di Austria e Belgio. I frutti di questo lavoro sono consultabili e scaricabili dal sito www.europressresearch.com. Il lettore vi trova news giornaliere con link diretti alle testate dei paesi censiti, "mappe" quindicinali, divise per Paese, contenenti brevi sunti di ciascun articolo, analisi trimestrali più approfondite sulle tendenze in atto.


Paolo Pombeni
(Università di Bologna
e Centro Studi Progetto Europeo)

"Se dieci anni fa avessimo avuto un centro di osservazione e monitoraggio dell'opinione pubblica europea come questo, ci saremmo accorti delle ragioni per cui il no all'Europa stava progressivamente crescendo, e forse avremmo potuto fare qualcosa", ha osservato Romano. "Ci saremmo accorti, per esempio, che l'opinione pubblica europea cominciava a diffidare dell'Europa". Un'ostilità crescente che, a partire dalla seconda metà degli anni '90, ha trovato voce in partiti che conquistavano l'8-10% dell'elettorato e che si collocavano sia a destra (con argomenti classici del nazionalismo: le radici, l'identità nazionale, il senso della comunità che non andava annacquato con questa Europa di tutti e di nessuno) sia a sinistra (con argomenti di tipo post-marxista: un'Europa troppo tecnocratica, insensibile agli interessi dei lavoratori, troppo attenta agli interessi delle grandi aziende e delle multinazionali). Un partito trasversale antieuropeo che oggi, secondo Romano, coprirebbe un terzo dell'elettorato dell'Unione, con un altro terzo a favore dell'Europa e un terzo nell'indecisione.

Questo stato di cose ha alcune ripercussioni evidenti. Le classi politiche nazionali hanno, ha fatto notare Romano, una legittimità democratica nazionale. Questo le spinge ad essere molto attente ad ascoltare gli umori dell'elettorato e a conformarsi ai suoi desideri. Ecco perché assistiamo, ha spiegato l'ambasciatore, a una tendenza generale delle classi dirigenti nazionali a scaricare sull'Europa le loro colpe. Peggio ancora. "Chi di voi ha familiarità con Bruxelles, si accorgerà che il presidente del consiglio di qualsiasi paese membro dell'Unione, o il ministro degli esteri, o il ministro del tesoro, quando va a Bruxelles sta al gioco dell'Europa. Appena torna a casa, però, si comporta da nazionalista, localista, leghista..."

Una situazione molto difficile, dalla quale l'ambasciatore non vede una via di uscita in tempi rapidi. Non, per lo meno, nel corso del semestre di presidenza austriaco appena iniziato, né in quello di presidenza finlandese prossimo venturo. Diversamente da come era previsto, infatti, la Finlandia non ratificherà la costituzione europea, ma darà solo un voto parlamentare di "disponibilità positiva". Bisognerà aspettare probabilmente il 1° gennaio 2007, inizio della presidenza tedesca, nella speranza che Angela Merkel abbia in mente qualcosa per rilanciare il futuro della costituzione e dell'Unione.

Del resto, se i governi continuano ad attribuire all'Unione Europea la responsabilità dei problemi che non sono in grado di risolvere, non c'è da stupirsi che l'opinione pubblica si dimostri poco entusiasta. Secondo Piervirgilio Dastoli, direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, le recriminazioni levate intorno a un eventuale cambio lira-euro a 1500 lire sono un esempio di messaggio negativo fuorviante per l'opinione pubblica. Un cambio simile avrebbe dato di certo un colpo tremendo all'esportazione dei prodotti italiani.

Dastoli si è detto anche molto colpito dal profondo provincialismo che affligge il mondo politico italiano. Da una rassegna della stampa internazionale ci si rende conto che negli altri paesi l'Europa è entrata nel cuore del dibattito politico nazionale. In Italia no. Perché?

"Perché se si parlasse di Europa, se le classi politiche affrontassero il tema in termini positivi, dovrebbero dichiararsi favorevoli al passaggio di nuove quote di sovranità dallo stato nazionale all'Europa, ed è esattamente ciò che nessuna classe politica nazionale europea in questo momento è disposta a fare" ha osservato Romano.

Esaminando più da vicino la situazione politica italiana, l'ambasciatore ha tracciato un quadro piuttosto pessimistico. "Non vi aspettate che la Casa delle Libertà faccia propaganda per l'Europa. Non lo farà, e del resto non lo potrebbe fare nemmeno per la sua composizione. Ha forze europeiste al suo interno, ma la Lega è un partito assolutamente euroscettico. Fini è un uomo politico molto intelligente, e ha compreso l'importanza dell'Europa, ma il suo partito ha una fortissima caratterizzazione nazionale e sociale, e lo segue solo fino a un certo punto. Forza Italia è un partito composito, è soprattutto il movimento di un leader, e qualche volta ho l'impressione che l'Europa non sia una materia che appassiona Berlusconi. Quanto a Prodi, è certamente un europeista. Ma ha un tasso di "vulnerabilità europea" spaventoso. Se parla di Europa, toglie voti alla sua coalizione, perché è percepito come l'uomo che ci ha dato l'euro e quindi l'inflazione – e in questo hanno certamente torto – e che ha messo il pedale dell'acceleratore sull'allargamento – e in questo hanno, ahimé, ragione, perché è stato certamente lui che ha voluto l'allargamento e ci ha messo di fronte a una serie di problemi che forse andavano affrontati con una maggiore gradualità –. Non vi aspettate, quindi, che si parli di Europa durante la campagna elettorale. O, piuttosto, sperate che non si parli di Europa durante la campagna elettorale. Perché se se ne parla, se ne parlerà male".