E' ora di pensare al benessere del dipendente
Il work life balance, e più in generale il benessere del dipendente, è oggetto di attenzione crescente sia da parte degli studiosi di management, che da parte dei responsabili della gestione del personale. Lo è, e dovrebbe esserlo, sempre di più anche di coloro che si occupano delle scelte di sviluppo strategico e della direzione generale dell'impresa, per diverse ragioni. Ragioni che vanno ben oltre l'imperativo morale e sostanziale, riconosciuto anche dalla recente legislazione italiana sullo stress lavoro-correlato, in capo a ogni impresa di ridurre il malessere psico-fisico e provvedere al benessere e alla crescita personale dei dipendenti.
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Maurizio Zollo |
La prima è che l'investimento nel benessere del dipendente, in un'economia della conoscenza come quella in cui viviamo, ha dei ritorni di gran lunga superiori a investimenti alternativi in altri tipi di capitale necessario allo sviluppo dell'impresa. La sfida competitiva viene vinta, soprattutto in tempi di crisi, dalle imprese che rimangono capaci di attrarre, motivare e ritenere il talento vitale alla capacità di innovare e di sviluppare relazioni profonde e positive con clienti, fornitori e altri stakeholder strategici. La seconda è che il benessere del dipendente è la chiave, la condizione necessaria (anche se non sufficiente), per il raggiungimento di alti livelli di sostenibilità non solo economica ma sociale e ambientale del vantaggio competitivo. Un'organizzazione i cui membri hanno un buon rapporto tra vita privata e vita professionale sarà anche in grado di generare progetti di crescita e di cambiamento strategico con un orizzonte temporale più lungo, con maggiore capacità di esplorazione e sperimentazione di approcci nuovi e, fondamentalmente, con maggior interesse per, e partecipazione attiva di, controparti interne (dipendenti) ed esterne (clienti, fornitori, ecc.). Il motivo è semplice: lo stress lavoro-correlato e, in generale, il malessere psico-fisico del manager creano una visione 'a tunnel' nel processo decisionale, mettendo il paraocchi nei confronti delle alternative di scelta per quanto riguarda sia la volontà di ricercare soluzioni davvero diverse e inesplorate, sia per la valutazione degli impatti sociali e ambientali delle alternative. Infine, lo stress riduce drasticamente la visione di lungo periodo delle alternative di scelta, creando una sorta di miopia individuale che si trasforma in miopia organizzativa quando si moltiplicano le decisioni del singolo manager per quelle di tutti i dipendenti dell'impresa. Se sulla diagnosi del problema il consenso è via via più forte, come emerso chiaramente dai dibattiti avuti durante l'evento organizzato sul tema dal Croma Bocconi in collaborazione con Great Place to Work, la chiarezza di idee e la convergenza di opinioni sulle terapie è ancora poca. La ricerca recente, svolta e in corso di svolgimento al Croma, punta sul ruolo di approcci formativi innovativi e decisamente non ortodossi, quali le tecniche di introspezione e di meditazione, come sentieri di sviluppo sia di quell'equilibrio psico-fisico necessario al benessere individuale e organizzativo, sia di quelle sensibilità all'importanza delle implicazioni di lungo periodo, allargate al contesto sociale e ambientale (oltre a quello economico), delle scelte strategiche e manageriali. Due piccioni con la stessa fava, si direbbe, o magari con lo stesso mantra...?