Dopo il crac della Grecia: nuove regole per garantire l'euro
La recente crisi dell'euro, il più perfezionato strumento dell'Unione economica e monetaria, a sua volta uno dei fulcri dell'Unione europea, ha lasciato smarriti tutti i cittadini europei, specialmente di Eurolandia, preoccupati per i loro risparmi e la tenuta del governo dell'economia. Abbandonata la "liretta", noi italiani avevamo dato per scontato che avremmo archiviato le crisi monetarie assicurandoci il valore dei nostri portafogli. Un brusco risveglio, con la presa di coscienza che l'euro non garantisce di per sé la stabilità economica, che esso non esenta i paesi che lo condividono da una rigorosa disciplina di bilancio. Dopo aver beneficiato della forza dell'economia tedesca patiamo il dissesto della Grecia.
Le risposte politiche e istituzionali sono state lente e scoordinate (si veda il mancato sostegno immediato alla Grecia), aggravando così i problemi, come già nel 2008-2009 davanti alla crisi dei mercati finanziari. Allora erano gli economisti che suggerivano ricette contrastanti, ora sono stati i responsabili politici che faticano a trovare un accordo, stretti tra preoccupazioni di consenso elettorale ed esigenze sistemiche di rigore e di coordinamento a livello europeo e globale.Di qui anzitutto la sofferenza dell'euro, fino a ieri un'alternativa valida al dollaro come moneta di scambio e di riserva. Ora invece va messo in conto per l'euro un rischio giuridico-politico di "buon governo", in quanto moneta emessa non da uno stato ma da un'unione monetaria. I meccanismi istituzionali sono dunque fondamentali per mantenere la fiducia, oltre alla disponibilità di risorse per il pronto intervento in caso di difficoltà eccezionali di singoli stati, nonostante il divieto generale di finanziamento sancito dagli art. 123 e 124 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Da un lato la rigidità del Protocollo n. 12 sulla procedura sui disavanzi eccessivi, che esprime i parametri di riferimento (3% per il rapporto disavanzo/Pil e 60% per quello debito/Pil), elemento fondamentale del Patto di stabilità in funzione anti-inflazione. Il Patto è destinato anzi a rafforzarsi per effetto di misure più rigorose di sorveglianza preventiva sull'equilibrio dei conti pubblici e di sanzioni più severe. Dall'altro lato l'esigenza che gli organi tecnici possano operare con flessibilità in caso di crisi impreviste che necessitano risposte rapide e mezzi finanziari ingenti. L'Ecofin del 9 maggio ha affrontato questo aspetto sulla base dell'art. 122, che consente di deliberare «in uno spirito di solidarietà tra stati membri» (inciso aggiunto dal testo di Lisbona) l'assistenza finanziaria a uno stato colpito da gravi difficoltà a causa di "circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo". Il regolamento 407/2010 dell'11 maggio 2010 ha istituito un meccanismo europeo di pronto intervento fino a 500 miliardi di euro, erogabili come linee di credito o garanzie a un membro in gravi difficoltà economiche o finanziarie del genere. I mezzi necessari dovranno essere reperiti tramite prestiti sul mercato o presso istituzioni finanziarie a opera della Commissione. A questo meccanismo propriamente "comunitario" si è aggiunto l'impegno individuale ma congiunto dei paesi euro a fornire pro quota ulteriori risorse fino a 440 miliardi di euro mediante una "società veicolo", per tre anni e con la partecipazione del Fmi a eventuali interventi. In definitiva un complesso di misure europee e nazionali coordinate, forse complicate ma che si sperano efficaci se mai si ripresentasse un'emergenza. E che, innanzitutto, devono dissuadere ogni attacco a quel pilastro dell'Europa unita che è la moneta unica.