Diritto sì, purché sia civile
"Homo homini lupus", dicevano i latini. Ovvero, se lasciati senza regole, abbiamo la tendenza ad essere tutt'altro che benevoli nei confronti degli altri. E se l'oggetto del contendere non riguarda i massimi sistemi, ma la concretezza dei nostri averi (quando si tratta di soldi, insomma), diventiamo tutti ancora più suscettibili. In questo mare magnum di rivendicazioni personali, il compito di fare da paciere spetta al diritto civile, che regola per esempio i rapporti di scambio, di successione e di obbligazione tra i 'cives', i cittadini. Se poi questi sono anche studenti di giurisprudenza, "è proprio al civilista che spetta il compito di introdurre al diritto stesso, spiegando cos'è la norma giuridica e quali sono le fonti del diritto", come sottolinea Giovanni Iudica, ordinario di diritto civile e direttore della Scuola di giurisprudenza della Bocconi. Iudica che a ben guardare, a dispetto del rigore della sua materia e dei suoi metodi di insegnamento ("in classe esigo la massima attenzione, pena la mia famigerata 'macchia nera', una sorta di nota sul registro"), nasconde un'anima tutt'altro che da 'giurista' duro e puro: tra una lezione all'università e una riunione tra avvocati, infatti, il professore si dedica anima e corpo alla scrittura.
Immaginiamo che sia il primo giorno di lezione. Come comincia il suo corso di diritto civile?
Parto dalla constatazione che, per sopravvivere, l'uomo ha bisogno di regole, di sapere in ogni momento cosa può fare e cosa non può fare. Siamo esseri così governati dalle regole che non ci rendiamo neanche conto di quanto i nostri comportamenti vi si uniformino. Comincio proprio mostrando agli studenti che per essere liberi dobbiamo essere schiavi delle leggi, che il diritto è la salute della società.
Società, quella italiana, che a tratti sembra però piuttosto febbricitante. In che stato di salute si trova il nostro diritto?
Il diritto civile italiano è in realtà uno dei più stimati a livello europeo. Tanto che molte delle soluzioni che sono state adottate dal nostro codice, che data 1942, saranno riprese anche dal futuro codice europeo. Quello italiano è un codice eccellente: è figlio di quello napoleonico e di quello tedesco del 1900, il Bürgerliches Gesetzbuch (BGB), dai quali ha tratto i caratteri migliori. L'elemento veramente innovativo e originale della nostra formulazione, è stato il superamento della divisione tradizionale tra il codice civile e il codice del commercio, che nel nostro testo diventano una disciplina omogenea. Nella redazione del codice italiano, infatti, si è partiti dalla constatazione che tutto ruota intorno all'impresa e quindi la proprietà è trattata in maniera dinamica.
Il diritto è materia sempre in fieri: uno degli ultimi istituti a subire modifiche, proprio di recente, è stato quello del fallimento.
Una riforma indubbiamente positiva e che rende più omogeneo il disegno complessivo della materia, garantendo una maggiore snellezza nel procedimento e una maggiore tutela dei creditori. L'istituto del fallimento soffriva infatti di troppe storture, ma, come avviene spesso nel diritto, bisognerà vedere come le nuove regole saranno percepite, metabolizzate e messe in pratica. Vi sono inoltre tanti altri aspetti che nel nostro codice civile sono trattati in nuce e che in futuro necessiteranno di un sempre maggiore sviluppo. Tra questi, sicuramente, la tutela dell'imprenditore, della concorrenza, dell'ambiente e del consumatore. Una cosa è certa: i correttivi da introdurre non potranno essere pensati solo a livello nazionale, poiché anche il diritto civile 'locale' ormai funziona soltanto se riceve impulsi a livello europeo.
A proposito di tutela del consumatore: notizia di questi giorni è proprio l'introduzione in Italia della class action, secondo un costume tipicamente americano.
Già, ma non siamo negli Stati Uniti, dove i consumatori pagano duramente l'eventuale infondatezza delle cause collettive che portano avanti. Inoltre, in un paese in cui un processo dura in media 15 anni, gli effetti possono essere disastrosi: si pensi, ad esempio, al fatto che i consumatori ottengano il sequestro di uno stabilimento, mettendo in ginocchio un'azienda. Se alla fine di un lunghissimo processo l'impresa viene scagionata, ma ormai è fallita, chi ne paga le conseguenze? La class action va dunque codificata tenendo presente l'insieme del nostro sistema giudiziario, non può essere applicata così com'è in un contesto in cui ci vogliono 5 anni soltanto perché un processo penale cominci. La giustizia lenta non è giustizia, è sofferenza e insulto.
Il suo 'terreno di battaglia', però, non è soltanto il diritto civile. In lei alberga anche un'anima da romanziere.
Per me la scrittura ha sempre rappresentato una forma di ripiego: nonostante gli sforzi dei miei genitori, che si ostinavano a comprarmi divise di un po' tutti gli sport, non ho mai giocato a golf, non sono mai andato a cavallo, non mi sono mai neanche dato al gioco del 'tresette'. Alla frustrazione continua che mi derivava dall'attività sportiva ho preferito lo studio e la scrittura. E scrivo perché non mi piace limitarmi alla posizione passiva di semplice lettore. Ho sempre un desiderio irrefrenabile di dire la mia.
Come ha cominciato?
Ho sempre scritto, fin da ragazzo. Ricordo ad esempio un pezzo di critica musicale sull'adagio di Albinoni per Giovinezza nostra, il giornalino del Liceo Leone XIII. D'altronde l'arte, e la musica in particolare, sono l'altra mi grande passione: nel '93 ho scritto un volume su Carlo Gesualdo, Il Principe dei musici, e nel '99 uno sul compositore Alessandro Stradella, Orfeo Barocco. Il primo mostrava la vita di un principe, il secondo quella di un valet de chambre, un cameriere: insomma, il mondo visto da entrambe le parti della scala sociale, ma sempre nel nome della musica. Nel 250esimo della morte di Bach (2000), ho redatto un saggio nel quale uno dei capitoli è dedicato al suo primogenito, Wilhelm Friedemann, che aveva lo 'squillo visionario' del padre, ma era un ribelle. Bach voleva che studiasse legge e diventasse un avvocato, lui cedette invece alla musica e scrisse (ben cento anni prima di Chopin) delle polonaise mirabili.
Libri, saggi, una rubrica su Via Sarfatti 25. Ma lo Iudica scrittore interferisce mai con lo Iudica docente di diritto civile?
No, però ai miei studenti, magari futuri avvocati, dico che per imparare a esprimere un pensiero chiaro e trasparente bisogna leggere molto, ma soprattutto cose di qualità.