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Dammi tre parole e le banche cambieranno

, di Stefano Caselli - Algebris Chair in Longterm Investment and Absolute Return
Territorio, persone e buon governo sono gli imperativi attorno ai quali ruota l'innovazione del settore

Il tema delle regole e quello dei risultati hanno fortemente caratterizzato il dibattito e la vita quotidiana delle banche italiane negli ultimi tre anni. Giunti alla fine del 2010, la sensazione è che ci si appresti a un cambio di pagina e all'apertura di un nuovo capitolo.

Sul fronte dei risultati le banche hanno raggiunto una stabilità dignitosa, combinando un mix di guadagni provenienti dall'attività creditizia, dal sistema retail e della componente dell'asset management non più fondato su una prospettiva di accelerazione e di euforia ma piuttosto di difesa e di equilibrio, in presenza di tassi stabilmente allineati verso il basso. Ciò accompagnato da un'attenzione ai costi e da un controllo del credito che ha permesso di contenere le potenziali perdite. Sul fronte regole, il varo di Basilea 3 ha definito una road map di medio termine che disegna una strada di crescita dei requisiti di patrimonializzazione. Il nuovo è invece la sfida dell'individuazione del modello di offerta e del posizionamento strategico di ciascuna banca per i prossimi anni, che ruota intorno a tre temi fondamentali: il territorio, le persone, il buon governo. Sul fronte del territorio, la sfida è il ritorno alla comprensione delle specifiche economiche locali. Per le banche più piccole, il territorio è da sempre il campo di gioco principale; tuttavia, la vicinanza ai clienti e la personalizzazione non sono sufficienti se a questi valori non è data una prospettiva di internazionalizzazione, che permetta anche alle piccole aziende di partecipare a una sfida imprenditoriale sempre più globale. Per le banche più grandi, la riconquista del territorio può fondarsi sulla promozione della qualità dei prodotti, sull'efficienza e sulla scala più ampia, ma deve essere coniugata con una prospettiva di compatibilità economica. Grandi e piccole banche dovranno contemperare punti di partenza molto diversi, evitando che il territorio diventi un alibi per non offrire quei servizi e quella prospettiva internazionale di cui le imprese (e il sistema paese) necessitano. Sul tema delle persone, la sfida è la riconquista della fiducia e la manifestazione di una progettualità chiara. E le persone sono sia i clienti, sia le risorse umane. Pur con diversità sostanziali, le sfide aperte sui due fronti sono molto simili in quanto la fiducia e la progettualità diventano solide quando si pongono le persone al centro del sistema produttivo e valoriale della banca. Per i clienti, la semplicità dei prodotti e la chiarezza sostanziale per il pubblico al dettaglio da un lato, la personalizzazione spinta, la sofisticazione del prodotto e la professionalità della relazione per i clienti corporate e private dall'altro, sono le direzioni da perseguire. Sul versante del personale, la sfida più complessa è la valorizzazione dei talenti. Sul tema del buon governo, il percorso di capitalizzazione e di irrobustimento patrimoniale richiede un'attenzione forte alla governance e al ruolo degli azionisti che dovranno sostenere il percorso stesso attraverso o l'utilizzo di proprie risorse o l'accettazione di nuovi soci e rapporti di potere fra i soci esistenti. Peraltro, se il tema della governance si riduce a un mero equilibrio fra posizioni, gli aspetti del territorio e della rilevanza dei clienti assumono un ruolo di comparse. Il tema decisivo è invece quello del ruolo dei soci e della loro capacità di indirizzo e di determinazione chiara degli obiettivi strategici delle loro banche. Come sottolineava Giorgio Ruffolo quasi trent'anni fa, gli shareholder di istituzioni complesse, come i banchieri, hanno nelle loro mani una straordinaria potenza: sostenere imprese e istituzioni, finanziarle, contribuire in modo decisivo alla crescita del sistema economico. Ma tale potenza deve essere accompagnata dalla saggezza. In questo senso, è ancora valida la riflessione di Cesarini, Monti e Scognamiglio nel loro rapporto al Ministero del Tesoro negli anni '80, che apriva la via a una strada di privatizzazioni: non è rilevante chi agisca come azionista della banca, ma quale sia la sua visione nitida, trasparente e a lungo termine dell'utilizzo delle risorse disponibili nonché di responsabilità nella guida di un'istituzione-chiave per il sistema economico.