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Con Amato e con Dini si fanno più bambini

, di Fabio Todesco
La stretta pensionistica ha stimolato la fertilità, secondo Francesco Billari e Vincenzo Galasso, corroborando l’idea che i figli siano beni d’investimento anziché beni di consumo

Le riforme del sistema pensionistico italiano introdotte da Amato nel 1992 e Dini nel 1995 vengono utilizzate da Francesco Billari e Vincenzo Galasso dell'Università Bocconi come esperimenti naturali, che corroborano l'idea che i figli, per i genitori, siano più simili a beni d'investimento (la cui utilità è differita nel tempo) che a beni di consumo (ad utilità immediata). L'esperimento viene condotto nel paper Why Kids Today? Evidence on the Old-Age Security Motive from the Italian Pension Reform, che sarà presentato oggi alle ore 15 in Aula N20, nell'ambito del Congresso Eea-Esem in corso di svolgimento alla Bocconi.

Le due riforme hanno ridotto in modo sostanziale le attese pensionistiche delle generazioni nate dopo il 1957, ridimensionandone la ricchezza derivante dal sistema di welfare. A una riduzione di ricchezza dovrebbe logicamente seguire una riduzione dei consumi e perciò, nel caso i figli fossero percepiti come beni di consumo, della fertilità. Se, invece, i figli fossero percepiti come un bene d'investimento, una sorta di sostituto della sicurezza sociale, la riduzione delle attese pensionistiche dovrebbe promuovere una maggiore fertilità.

Ebbene, l'elaborazione dei dati di Bankitalia sulla composizione e la ricchezza delle famiglie condotta dai due ricercatori mostra che l'effetto delle riforme sulla fertilità è stato positivo, in modo più netto e significativo per la riforma Amato e più sfumato, ma comunque significativo, per la riforma Dini. La teoria dei figli come beni di investimento ne risulta, perciò, rafforzata.