Contatti

Come far funzionare le aziende confiscate

, di Alberto Grando e Giovanni Valentini - rispettivamente, ordinario di operations management e prorettore per lo Sviluppo; associate professor di strategia aziendale
I fallimenti e le perdite di posti di lavoro si traducono nella rivalutazione dell'operato dei soggetti malavitosi

L'azione di contrasto alla criminalità organizzata passa attraverso il sequestro e la confisca di beni frutto di investimenti malavitosi. Si tratta di proprietà immobiliari o di vere e proprie attività economiche, aziende. Al gennaio 2013, secondo i dati dell'apposita Agenzia, le aziende confiscate erano 1.708. Di queste, 623 basate in Sicilia, 347 in Campania e 223 in Lombardia.

Alberto Grando e Giovanni Valentini

Sottrarre queste aziende dalle mani della criminalità organizzata è utile non solo perché così si aggrediscono le associazioni di stampo mafioso nel proprio patrimonio, ma anche perché si neutralizzano alcune esternalità negative che queste aziende producono nei confronti di diversi interlocutori del sistema economico e che derivano dal loro potere intimidatorio nei confronti dei fornitori o concorrenti o dall'avere a disposizione ingenti risorse dovuto al riciclaggio o alla collusione con elementi del sistema bancario.

Questo sistema di gestione viene meno al momento del sequestro. Tuttavia, con esso viene meno anche il business model dell'azienda, che fatica a trovare un modello alternativo per sopravvivere. A questo momento di crisi si unisce il fatto che l'azione dell'amministratore giudiziario (al quale è affidata l'impresa) è orientata alla conservazione del patrimonio più che al rinnovamento strategico e allo sviluppo delle aziende. Il risultato di questo stato di cose e dei lunghi tempi del procedimento penale e amministrativo, è che spesso le aziende sequestrate e confiscate falliscono. Ciò si traduce, anche per i lavoratori incolpevoli, nella perdita dell'occupazione e tende a diffondere tra le persone che vivono direttamente o indirettamente questo fenomeno una visione critica nei confronti dell'azione di sequestro dei patrimoni della criminalità e, talvolta, persino una pericolosissima rivalutazione dell'operato dei soggetti malavitosi.

Per contribuire a invertire questa tendenza, e quindi facilitare la continuità aziendale delle imprese confiscate, è necessario introdurre competenze manageriali adeguate nelle aziende sequestrate, sin dalle prime fasi dell'affidamento all'amministratore giudiziario. Questa domanda di competenze si potrebbe sposare con la purtroppo crescente disponibilità di manager e professionisti inoccupati a causa della crisi. Di qui è nato un progetto, coordinato da Marella Caramazza (Istud), a cui hanno partecipato SDA Bocconi, Luiss, Assolombarda, Aldai e Fondirigenti, che, da un lato, si è posto l'obiettivo di comprendere a fondo il contesto in cui tali aziende tentano di sopravvivere e, dall'altro, si è dedicato alla selezione e alla formazione specifica di una white list di 63 dirigenti fortemente motivati a dare il proprio contributo nella valorizzazione del patrimonio sequestrato. Le competenze manageriali disponibili possono infatti trovare concreto impiego sia nel supportare l'Agenzia per i beni confiscati nelle diverse fasi del processo di sequestro/confisca sia, in seguito, nell'affiancare l'amministratore giudiziario in sede di valutazione delle imprese e delle loro prospettive strategiche, nonché nella fase di vera e propria gestione e/o cessione delle aziende stesse. La legge infatti prevede che ogni azienda confiscata sia custodita dallo stato e sia poi ceduta in affitto, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva, oppure sia venduta o liquidata, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse generale.

I membri della white list si sono già cimentati con lo studio e la valutazione di 14 casi di aziende confiscate, aiutando l'Agenzia a districarsi nella enorme complessità inerente alle decisioni di destinazione dei beni confiscati. Certamente, queste decisioni possono suscitare polemiche, come successo di recente. Ma anche il non-decidere o il procrastinare continuamente la scelta è una decisione che, sulla base dell'esperienza passata, sembra non pagare.