Come cambia la scelta dei candidati se cambia il sistema elettorale
Il dibattito pubblico su vantaggi e svantaggi dei sistemi elettorali maggioritario e proporzionale si è concentrato sulle conseguenze per i singoli partiti, trascurando l'impatto dei due sistemi sulla selezione della classe politica. È un argomento a cui si sono dedicati Vincenzo Galasso e Tommaso Nannicini in Political Selection under Alternative Electoral Rules, pubblicato di recente da Public Choice. Il paper, a carattere teorico, confronta gli incentivi offerti dai due sistemi elettorali alla selezione di candidati di qualità.
Gli autori hanno operato una distinzione fra politici in base alla loro valence, ovvero la somma di qualità come competenza e impegno che producono benefici per i cittadini, indipendentemente dall'orientamento politico. I partiti si trovano di fronte a un trade-off tra la forza attrattiva esercitata dai candidati high-valence nei confronti degli elettori e la maggiore lealtà assicurata dai candidati low-valence. Il risultato? «Dipende dalla contendibilità dei collegi», spiega Tommaso Nannicini. «L'efficienza del sistema maggioritario cresce al crescere del numero di collegi in cui vi è un alto livello di competizione».
È un esito che gli autori avevano già trovato nello studio Competing on Good Politicians, dedicato al solo sistema maggioritario e basato su dati empirici relativi alle elezioni politiche italiane del 1994, 1996 e 2001. I partiti affidano collegi sicuri a candidati low-valence e collegi competitivi a candidati high-valence. «La comparazione fra proporzionale e maggioritario», conclude Nannicini, «non può prescindere dal numero di collegi sicuri: in generale con molta competizione è preferibile il maggioritario, con poca competizione il proporzionale». Si tratta, però, di una relazione non-monotona: oltre un certo numero di collegi contendibili, la probabilità di vincere le elezioni puntando su politici di alta qualità si riduce, rendendo di nuovo più efficiente il sistema proporzionale.
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