Clienti web 2.0
Non è sempre una nuova tecnologia a guidare innovazioni più o meno radicali. Con crescente frequenza è in realtà la stessa domanda a stimolare le imprese nella produzione di efficaci innovazioni. Non è sicuramente sorprendente che le preferenze dei clienti possano orientare il processo di sviluppo e lancio di nuovi prodotti, ma è sempre più evidente che l'innovazione demand-based si spinge ben oltre il semplice ascolto del cliente e si declina spesso in forme inedite di coinvolgimento attivo e co-creazione che possono sostanzialmente ridisegnare i confini dell'innovazione.
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Manuela Prandelli |
Dall'identificazione di clienti competenti (lead user) nei mercati industriali, in grado di anticipare le esigenze del mercato mainstream, alle politiche di customer engagement abilitate dagli ambienti digitali nei mercati di consumo, alle dinamiche allargate al crowdsourcing, che affida la progettazione o la realizzazione di un progetto o di un prodotto a un gruppo di utenti non organizzati in una comunità pre-esistente, il principio di fondo non cambia: alcune competenze chiave per l'innovazione della singola impresa possono risiedere al di fuori dei cancelli aziendali e all'interno del mercato degli utilizzatori dello stesso nuovo prodotto o servizio. È questa la logica che alimenta le dinamiche di open e collaborative innovation che il web 2.0 sta potenziando al di là di ogni vincolo economico e temporale, ineliminabile nei contesti tradizionali.
Il tema della collaborazione estesa sempre più spesso riguarda l'intero processo innovativo, dalla messa a punto dell'idea, allo sviluppo e al test del prodotto o servizio, alla diffusione. È evidente che nella misura in cui l'utente contribuisce alla definizione del prodotto, non potrà che essere poi maggiormente orientato al suo acquisto. Crescente attenzione viene tuttavia anche catturata dalla possibilità di valorizzare il contributo della domanda nella diffusione del prodotto. Come ricorda Eric von Hippel (Mit), sempre più importante è il ruolo della diffusione peer-to-peer dell'innovazione: questa dinamica di circolazione orizzontale e gratuita (tra utenti) sembra essere divenuta complementare a quella verticale (da produttore a consumatore) e sembra esercitare una disciplina di prezzo sulle imprese, determinando una riduzione dei costi di produzione e incrementando il benessere complessivo del mercato. L'approccio orizzontale può divenire un paradigma d'innovazione: Michelle Gittelman (Rutgers business school) si concentra sull'ambito biomedico, dimostrando che la ricerca basata sull'osservazione dei pazienti, della loro storia familiare e delle loro abitudini si è rivelata in molti casi molto più utile nell'individuare cause e terapie relative di quanto abbiano potuto fare costose analisi basate sul genoma.
Il ruolo dell'orientamento al mercato nell'influenzare l'innovazione emerge anche dal lavoro di Richard Priem (Neeley school of business) che, studiando con Gianmario Verona (Kites Bocconi) la produzione di hardware per i personal computer, evidenzia come il livello di coinvolgimento di un'impresa in attività di marketing determini il suo livello di customer-orientation e quindi la probabilità che si faccia coinvolgere in attività innovative che partano dalle esigenze dei consumatori. Anche in questo settore, innovazioni tecnologiche radicali e coinvolgimento dei consumatori nel processo produttivo sono intrinsecamente legati: l'assenza di una delle due fonti d'innovazione sembra in ultima analisi determinare uno svantaggio competitivo per le imprese.