Che clima fara' nel 2030
Nel 2007 l'Ue ha approvato il pacchetto clima-energia con tre obiettivi per il 2020: riduzione del 20% dei gas serra rispetto al '90; aumento al 20% del contributo delle rinnovabili sui consumi di energia; aumento del 20% dell'efficienza energetica. Questi obiettivi hanno costituito un quadro di riferimento chiaro entro cui hanno operato sia gli stati membri, obbligati a predisporre piani specifici nazionali, sia le imprese del settore energetico. Dati i lunghi tempi tecnici che caratterizzano il settore energia, da qualche tempo imprese e governi stanno chiedendo che l'Ue definisca gli obiettivi per il 2030 e la Commissione nello scorso mese di marzo ha pubblicato un Libro Verde per aprire la discussione partendo dal bilancio dei risultati finora ottenuti.
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L'obiettivo di riduzione delle emissioni dei gas serra del 20% sarà probabilmente raggiunto già quest'anno. Gran parte del successo non dipende però dallo sforzo fatto, ma dalla crisi economica che ha limitato la produzione e i consumi. Inoltre, molti critici evidenziano che mentre l'Europa riduce le sue emissioni queste aumentano a livello mondiale. Tra il '90 e il 2010 la Cina ha aumentato le emissioni di CO2 di cinque volte la riduzione globale dell'Ue. Senza un accordo mondiale è dunque poco produttivo accentuare gli sforzi con la conseguenza di peggiorare anche la competitività di alcuni settori produttivi.
Per quanto riguarda le rinnovabili, un rapporto della primavera scorsa della Commissione concludeva così: "I dati del progresso delle rinnovabili mostrano che, benché l'Ue nel complesso sia in linea con gli obiettivi del 2020, alcuni stati membri devono fare sforzi addizionali. Inoltre, l'analisi suggerisce che ci siano ragioni di preoccupazione per i progressi futuri". Ma se la Commissione teme che l'obiettivo del 20% non sia raggiunto, le grandi imprese produttrici di energia elettrica si lamentano perché le rinnovabili fanno una concorrenza sleale alle produzioni tradizionali e rischiano di mettere in crisi gli investimenti e la sicurezza di fornitura elettrica. Infatti da un lato l'Ue ha favorito la nascita e lo sviluppo di un mercato elettrico concorrenziale per la produzione termoelettrica tradizionale e nucleare, dall'altro ha offerto una strada privilegiata ai produttori da fonti rinnovabili che hanno un prezzo garantito e priorità di utilizzo.
Infine l'obiettivo dell'efficienza energetica è quello peggio definito e più a rischio. Non è chiaro se l'obiettivo sia di aumentare l'efficienza o di ridurre i consumi totali e l'impegno non è diventato vincolante per gli stati membri neppure con la direttiva del 2012. Quest'ultima è stata varata anche in base alla premessa che, senza sforzi addizionali, l'obiettivo del 2020 verrebbe conseguito solo a metà.
Come era prevedibile, la consultazione avviata dal Libro Verde ha fatto emergere punti di vista molto diversi tra gli stati. Da un lato vi sono paesi (soprattutto dell'est europeo) che vorrebbero che si mantenesse al massimo l'obiettivo della riduzione delle emissioni (la cifra più condivisa è quella del 40% al 2030) lasciando al mercato e agli stati di regolare il progresso delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. Dall'altro vi sono paesi (del centro e del nord Europa) favorevoli a mantenere tutti gli obiettivi rendendoli più severi. Altri paesi esprimono una posizione intermedia, favorevole a fissare un obiettivo solo per emissioni e rinnovabili.
La Commissione sta ora cercando di elaborare una prima proposta per il 2030 che dovrebbe essere resa nota a fine anno. Tuttavia, la difficoltà di mediazione e il fatto che la Commissione sia in scadenza fanno pensare che difficilmente il problema verrà affrontato nei prossimi mesi. Più probabile che la discussione riprenda dopo le elezioni del 2014 durante il semestre di presidenza italiano.