In cerca delle attitudini nascoste
Un lavoro che piace è un lavoro gratificante, che soddisfa e non fa dubitare di aver scelto il mestiere sbagliato. Ma perché ciò avvenga, è necessario che sia coerente con le proprie attitudini oltre che con le competenze acquisite negli anni. Per capirsi e per capire meglio quale strada scegliere, gli studenti e i neolaureati Bocconi hanno lo strumento del POL, "Per orientarsi al lavoro", basato sul metodo di esplorazione delle caratteristiche personali Maspi (Modello di ascolto delle strategie percettive individuali), che il servizio Career service dell'università fornisce da ormai tredici anni. I presupposti teorici del metodo sono stati sintetizzati da Roberto Vaccani, docente dell'Area organizzazione e personale della Sda Bocconi, nella nuova edizione di "Per orientarsi al lavoro. Orientamento attitudinale", distribuito a tutti gli studenti e laureati che partecipano al Pol.
"Le università danno molta importanza alle competenze acquisite, ma è altrettanto importante che propongano un orientamento anche sulle attitudini", spiega Vaccani. "Perché se le prime si possono acquisire, le seconde tendono a stabilizzarsi nei primi 20 anni di vita e difficilmente sono modificabili significativamente per via formativa. Il nostro lavoro è quello di far capire agli studenti quali sono le loro attitudini attraverso un metodo di autolettura e come usare al meglio le competenze nel lavoro, scegliendo attività che siano coerenti con il loro profilo". Il volume, che ripropone parte di un lavoro più ampio che Vaccani ha scritto per i tipi di Etas Libri, "Professionalità, attitudini e carriera", è strutturato attingendo a piene mani dalle neuroscienze, dalla programmazione neurolinguistica e dalla psicologia cognitiva: partendo dalla spiegazione di come funziona il nostro cervello e traducendo le diverse aree di "lavoro mentale" che lo costituiscono in categorie osservabili di comportamento, arriva a delineare una serie di profili professionali declinati sulla base delle attitudini, indicando alcuni ambiti lavorativi potenzialmente più adatti a seconda della personalità. Chiaramente, si tratta di generalizzazioni, "poiché ognuno di noi è unico e irripetibile e possiede caratteristiche di forza su cui puntare e debolezze sulle quali non vale la pena insistere". Chi per carattere è più portato per l'ascolto e l'analisi degli elementi, ad esempio, si troverà in difficoltà in un'attività che richiede invece di prendere continuamente decisioni rapide, e viceversa.
Un orientamento attitudinale è dunque molto utile per esprimersi al meglio in futuro: il servizio Pol, che consta di un'ottantina di orientatori, tra interni all'università e provenienti dalla consulenza e dalle imprese, in tredici anni ha già visto la partecipazione di quasi 6 mila studenti o neolaureati, una media di 450 l'anno. Attenzione però: se queste attività possono aiutare nelle scelte future, grazie alla presa di coscienza dei propri tratti caratteriali, pensare di ottenere una risposta certa e univoca su quale lavoro scegliere da subito e una volta per tutte, è fuorviante: "Si tratta di dare una chiave di lettura. Inoltre, è sbagliato caricare di valenze di scelta irreversibile il primo ingresso nel mondo del lavoro", conclude Vaccani. "Il vero momento critico, quello in cui veramente bisogna scegliere, è quello della 'strategia di carriera' e questo arriva solitamente dopo il secondo/terzo step lavorativo, intorno ai 30 anni. Non è un caso, infatti, che l'età media degli studenti Mba sia proprio questa. Sono ragazzi che, dopo 4-5 anni di lavoro, magari hanno capito che la loro attività, seppur coerente con gli studi fatti, non lo era del tutto con le loro attitudini".