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Campus Abroad: un'estate senza confini

, di Marianna Fragonara Ciancio
Esperienze internazionali per gli studenti

Testimonianze dirette dei Campus Abroad 2004:
Valerio Testa, CLAPI - New York
Giuseppe Mozzillo, CLEA - Salvador de Bahia
Marco Meroni, CLEA - Cina

Che cosa ti ha spinto a partecipare a un Campus Abroad?
Valerio Le motivazioni che mi hanno spinto sono molteplici. Inizialmente sono stato incuriosito dai tanti racconti positivi ed entusiastici di amici che avevano provato l'esperienza di scambio. Poiché a livello di tempistica e di piano di studi cercavo un programma non troppo lungo, ho pensato che il Campus Abroad fosse quello che faceva al caso mio.
Inoltre, appurato che nel mondo del lavoro la conoscenza delle lingue ha un valore elevato, ho creduto che una "full immersion" di un mese in un paese straniero mi sarebbe potuta essere molto utile. A tal proposito, per migliorare il mio inglese, ho scelto un paese anglofono, e una volta individuato negli Stati Uniti il paese preferito, tra i vari atenei americani ho optato per quello che offriva un esame che potesse integrarsi al meglio con il mio piano di studi.
Un altro motivo è stato il desiderio di poter vedere con gli occhi di studente un paese di cui si parla molto, soprattutto negli ultimi tempi, per capire così quali potessero essere le differenze tra il modo di pensare europeo e quello di oltreoceano. Sono dell'avviso che se in una settimana si può guardare una città solo con occhi da turista, nel caso in cui la permanenza sia più lunga ciò che si può imparare e comprendere sia molto di più, in quanto ci si sente parte del luogo che si sta visitando.
Infine, ho pensato che un'esperienza internazionale potesse essere un buon completamento del mio curriculum di studi prima di affacciarmi sul mondo del lavoro.

Giuseppe Due motivi mi hanno spinto a prender parte all'edizione 2004 del Campus a Bahia: il Brasile in sé e l'esame che avrei dovuto seguire. Il primo ha avuto sicuramente un peso maggiore. Da diversi anni ormai sono affascinato da questo paese, ma non desiderando viverlo come un semplice turista, cercavo un'occasione che mi permettesse un coinvolgimento maggiore. Il Campus mi è parso un compromesso più che accettabile e, infatti, l'esperienza fatta mi ha poi dato ragione. Riguardo al secondo motivo, ossia l'esame incentrato sulle Organizzazioni internazionali, stavo da tempo sviluppando un notevole interesse in merito a questi argomenti, fondamentali per le mie prospettive future di carriera lavorativa.

Marco Ho deciso di partecipare al Campus in quanto l'ho considerata come un'occasione di fare un viaggio in Cina che non rispondesse alla semplice vacanza da turista, che non si addice per nulla al mio modo di vedere, ma fosse un'opportunità di conoscere la realtà di questo stato. Grazie all'ottima organizzazione e alla logica impostazione del Campus ho potuto sfruttare al massimo il breve periodo trascorso immerso in un mondo completamente diverso dal mio, riuscendo così ad avere almeno una prima vaga conoscenza della cultura e del modo di pensare cinese.

Parlacene... Come era organizzato lo studio; quanto è durato il Campus Abroad; quali le difficoltà che hai incontrato e i momenti che ti hanno maggiormente colpito?
Valerio L'esperienza è durata circa 4 settimane. La giornata tipo prevedeva, alla mattina, la frequenza delle lezioni del corso scelto e, al pomeriggio, seminari, incontri o tour che ci hanno permesso di conoscere più da vicino la realtà americana. Nel nostro caso, visto che l'insegnamento impartito riguardava in particolar modo il corso di laurea CLAPI, la maggior parte di queste occasioni era incentrato sulle amministrazioni americane o su soggetti internazionali.
Le tre settimane si sono concluse con qualche giorno di studio e l'esame finale.
Inoltre, particolarmente interessanti sono stati la visita al distretto di polizia del Bronx e a una prigione e gli incontri con il consolato italiano e con la missione permanente italiana dell'ONU negli USA. Per chi voleva c'è stata poi la possibilità di una visita di quattro giorni alla città di Washington (Casa Bianca e Pentagono). Il tempo restante e le serate erano libere, anche se le Relazioni Internazionali dell'Università hanno organizzato spesso attività culturali e di svago.

Giuseppe Quest'anno il Campus è stato un po' più lungo dello scorso - 5 settimane in tutto - per dare la possibilità agli studenti di vivere un'importante esperienza, che nella precedente edizione era stata, in un certo senso, solo accennata.
Le prime due settimane sono state organizzate in modo tale da offrire un'introduzione generale sul problema della povertà in Brasile e sul contributo delle ONGs, per poi passare a un discorso più specifico sulle Nazioni Unite e sul lavoro che avremmo svolto nei giorni seguenti. Durante le mattine, dal lunedì al giovedì, si seguivano le lezioni in università, mentre il pomeriggio si assisteva a testimonianze o si facevano visite presso realtà locali.
Il venerdì era previsto l'esame riassuntivo, in modo da garantire i weekend liberi per escursioni fuori città.
Gli ultimi dieci giorni, senza dubbio i più stimolanti, sono stati invece dedicati a lavori di gruppo svolti in contesti differenti. In particolare, uno era incentrato sul lavoro del governo, uno sulle ONGs e un altro sulla Banca Mondiale. Io ho preso parte a quest'ultimo insieme ad altri studenti: il nostro compito era quello di analizzare i risultati ottenuti dall'agenzia nelle favelas e nella lotta contro il problema delle palafitte, nonché il rapporto con le organizzazioni operanti nella zona e raccoglierli in una relazione finale.
Quest'esperienza è stata il momento più intenso e più difficile al tempo stesso. Lavorare con la gente del posto è stato incredibilmente istruttivo sia sul piano accademico sia su quello umano. Abbiamo conosciuto molte persone che hanno compiuto veri miracoli per combattere la povertà in cui versa la popolazione e di cui, sono certo, mi ricorderò a lungo.
Non sono ovviamente mancate alcune problematiche: da quelle psicologiche, legate alla paura di "operare" in tali condizioni, a quelle fisiche, dovute all'alimentazione.
Anche i weekend si sono rivelati parte fondamentale del successo del Campus. La prima settimana siamo stati in un piccolo villaggio sul mare vicino a Salvador, mentre la seconda a Rio de Janeiro, città bellissima e capace di stregare. Entrambe occasioni nelle quali abbiamo anche imparato a conoscerci come gruppo (24 persone) e abbiamo stabilito un perfetta armonia.

Marco Particolarmente valido è stato il corso che abbiamo potuto seguire, che si inseriva perfettamente nell'esperienza che stavamo vivendo, consentendoci di affrontarla intensamente sia attraverso i contenuti trasmessi sia, in maniera non meno importante, tramite la convivenza in classe con un gruppo di ragazzi cinesi anche loro entusiasti di poterci frequentare (anche se l'inglese è stato uno scoglio per entrambe le parti).
Quello che ho più apprezzato sono state le visite alle aziende, durante le quali abbiamo potuto dialogare in maniera diretta e informale con amministratori delegati e responsabili di settore, molto solleciti a rispondere a qualsiasi nostra esigenza e curiosità.

Che cosa ti aspettavi da questa esperienza? Che valore aggiunto ti ha dato e cosa hai raccolto della realtà di vita del paese del quale sei stato ospite?
Valerio Mi aspettavo, innanzitutto, di creare buoni e duraturi legami con i miei compagni di "avventura". Inoltre, un mio desiderio era quello di avere da qualche altra parte nel mondo una sorta di "seconda città", vista non con gli occhi del turista, ma con quelli di "residente". Entrambi obiettivi pienamente raggiunti grazie alla simpatia del gruppo che mi ha accompagnato e al fascino di New York.
Di sicuro questa esperienza mi ha cambiato, nonostante sia stata breve. Ho scoperto che dopotutto allontanarsi dalla propria città non è poi così traumatico, e che anche in condizioni di vita totalmente diverse da quelle a cui siamo abituati ci si riesce ad adattare.
Mi ha lasciato una gran voglia di viaggiare, di scoprire e una forte curiosità che ho vissuto per la prima volta, nonostante negli anni scorsi abbia visitato molte città.
Inoltre, mi è rimasto molto della realtà del paese in cui sono stato. Ho potuto osservare da vicino le tante contraddizioni degli Stati Uniti, esaminarle con occhio più critico.
Mi ha incuriosito, infine, notare le differenze tra il modello americano e quello europeo, sia a livello macro sia nel quotidiano. Ed è forse proprio quest'ultimo aspetto quello che mi ha affascinato di più.

Giuseppe Il Brasile è molto diverso da ciò che arriva nelle nostre case attraverso i media. Quel mondo dorato che ci viene descritto appartiene solo a Rio de Janeiro, tutto il resto è molto diverso e può sorprendere, sia in positivo sia in negativo.
Salvador, ad esempio, è una città molto povera, totalmente pervasa dalla cultura nera (l'80% della popolazione è di colore). Non si presenta agli occhi di un turista come il mondo sfavillante e allegro che ci si aspetta, ma alla fine, quando si riesce a capirne la cultura, la sorpresa è molto più piacevole di quanto si possa immaginare. I paesaggi naturali sono mozzafiato, le persone incredibilmente cordiali e ti coinvolgono sotto tutti i punti di vista, i bambini non smettono mai di sorridere.
Ho imparato a conoscere una realtà molto diversa dalla nostra, ad accettarla, anche ad apprezzarla. Sono tornato con una consapevolezza maggiore del valore della persona e di quanto siamo fortunati ad essere "nati con la camicia".

Marco Considero valore aggiunto già il fatto di aver avuto l'opportunità di trascorrere un mese in Cina senza sprecare nemmeno un giorno del mio soggiorno-studio: sia la docente sia la responsabile del Campus sono state più che disponibili nell'aiutarci in ogni occasione organizzando gite fuori programma per i gruppi di ragazzi più intraprendenti.
Non abbiamo incontrato difficoltà di alcun tipo, se non il muro della lingua che rende arduo dialogare con la popolazione locale.