Banche, la crisi borsistica non e' uguale per tutti
Nel periodo da luglio 2007 a dicembre 2008 le banche di tutto il mondo hanno registrato le peggiori performance di borsa dai tempi della Grande depressione. Ma il bagno di sangue non è stato uguale per tutti e il mercato ha, entro certi limiti, discriminato tra istituto e istituto, argomentano Andrea Beltratti dell'Università Bocconi e René Stulz della Ohio State University in Why Did Some banks Perform Better During the Credit Crisis? A Cross-Country Study of the Impact of Governance and Regulation. Analizzando i bilanci di 98 banche di tutto il mondo con un patrimonio superiore ai 50 miliardi di dollari a fine 2006, i due studiosi notano, in particolare, una forte correlazione inversa tra le performance del 2006 e quelle del periodo di crisi: il mercato ha pesantemente punito gli istituti che, essendosi presi più rischi, avevano ottenuto i migliori risultati negli anni precedenti.
Pur nella generale negatività, la performance di borsa dei diversi istituti nel periodo di crisi tradisce fortissime variazioni. I ricercatori dividono il campione in quattro gruppi: il peggiore, tra luglio 2007 e dicembre 2008, ha registrato un terribile -87,44%, mentre il migliore ha limitato i danni a un più sopportabile -16,58%. Ebbene, le banche con i risultati peggiori avevano ottenuto una performance del 33,07% nel 2006, mentre quelle con i risultati migliori nel periodo di crisi si erano limitate a un +7,80%.Anche se la governance bancaria e l'attività di regolamentazione, evocate nel titolo del paper, hanno condizionato i risultati dell'anno e mezzo di crisi, il loro influsso è inferiore rispetto a quello dei dati di bilancio e della profittabilità degli istituti nel 2006. Il legame tra le diverse variabili non è, inoltre, sempre intuitivo.Regolamentazione e controllo, ad ogni modo, contano. "Se compariamo le banche con le performance nel quartile superiore a quelle del quartile inferiore, osserviamo che le banche con i risultati migliori sono soggette a maggiori restrizioni sulle attività, un più stringente controllo del capitale bancario e autorità di controllo più indipendenti", scrivono i due autori. Una più forte autorità di controllo si è tradotta, invece, in una performance peggiore nel periodo di crisi. Con ogni probabilità, notano Beltratti e Stulz, la forza dell'autorità si è tradotta nell'imposizione di regole più stringenti, e penalizzanti dal punto di vista della performance, dopo lo scoppio della crisi, senza che altrettanta severità fosse stata applicata prima.L'indagine conferma che le banche con più capitale e forme di finanziamento più stabile reggono meglio ai periodi di crisi. La proporzione di capitale di qualità (Tier 1) e il peso dei depositi sul finanziamento hanno, infatti, influito positivamente sui risultati.In modo solo apparentemente paradossale, le banche con una struttura di governance più favorevole agli azionisti sono quelle che hanno ottenuto i risultati peggiori. Beltratti e Stulz spiegano la cosa osservando che la vicinanza agli azionisti si è tradotta in maggiore distribuzione di utili e risultati migliori nel 2006 e gli istituti premiati dal mercato negli anni precedenti sono quelli maggiormente penalizzati nell'anno e mezzo di crisi.
I due autori, infine, ripetono le stesse rilevazioni anche per il solo mese seguente il fallimento di Lehman Brothers, un periodo di panico generalizzato, in cui ci si attenderebbe la prevalenza di fenomeni di contagio e di vendite indiscriminate. E invece anche nel mese peggiore della crisi il mercato ha discriminato secondo le stesse linee descritte per il più lungo periodo luglio 2007-dicembre 2008, anche se in modo un po' attenuato, con minori differenze di performance tra le diverse categorie di banche.