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Arte. Solita esagerazione

, di Stefano Baia Curioni - vicepresidente del Centro di ricerca Art, science and knowledge (Ask) della Bocconi
I driver di crescita dopo la crisi: torna il gusto dei record incomprensibili

Black Out. Quando la crisi finanziaria si è rivelata, nel 2008, il mercato dell'arte, come avesse guardato Medusa negli occhi, è passato dalla frenesia alla pietrificazione. Liquidità dissolta a New York e Londra, ma soprattutto nei mercati emergenti: fermi. ArtBasel nel 2009 era un trionfo di proposte di piccolo taglio e capitava che galleristi, nei privè, dimezzassero i prezzi dei grandi master. Poi i mercati hanno ritrovato il gusto dei record e della 'normale esagerazione' del capitalismo internazionale. Sono riapparsi i prezzi di decine di milioni di euro per il lavoro di individui come il transilvano Andy Warhol, campione di una marginalità disperata e irredimibile, oggi sugli altari di un valore privo di parametri umanamente comprensibili.

Tutto tornato normale? Forse, ma era normale prima? Forse no. Il quadro del sistema dell'arte contemporanea e moderna pre-crisi era caratterizzato da tre principali driver di cambiamento.Aumento della domanda: da almeno un decennio erano cambiati il numero dei collezionisti, la loro disponibilità economica, le loro scelte. Nuovi ricchi nella finanza e nei paesi emergenti venivano alla ribalta: prima promuovendo arte europea o americana e quindi proiettando i nuovi artisti delle diverse nazioni nel firmamento del valore. Le dinamiche del mercato inducevano la formazione di nuovi attori (fondi) che enfatizzavano la finanziarizzazione del sistema dell'arte.Trasformazione del sistema di mediazione: la crescita della domanda si è congiunta a tecnologie che avrebbero potuto disintermediare i gatekeeper tradizionali del sistema, ovvero gallerie, musei e critici. Ma la natura particolare del sistema dell'arte ha impedito che questa disintermediazione riducesse la lunghezza delle catene distributive incrementando l'efficienza dei mercati. Al contrario, il ruolo delle gallerie è cresciuto, con la creazione di grandi entità internazionali, capaci di integrare produzione e promozione aumentando l'offerta complessiva di opere. Se mai si sono sviluppati altri intermediari capaci di ibridare la dimensione museale e quella commerciale: le fiere. La loro presenza si è moltiplicata su scala internazionale, producendo occasioni di spettacolarizzazione, comportamenti emulativi dei collezionisti, nuove forme di esposizione.Terzo driver, la concentrazione sul repertorio e sulle icone. La complessità di un sistema che in pochi anni ha aumentato il volume e l'estensione del suo raggio d'azione ha concentrato l'attenzione collettiva su un repertorio ristretto di icone globali con un forte effetto di semplificazione. Tutti e tre questi elementi di trasformazione sono oggi ancora attivi. Ciò che cambia è il sistema nel suo complesso perché la crisi ha agito diversamente sul mondo privato delle gallerie rispetto a quanto accaduto in quello più pubblico dei musei. La scarsità di risorse tocca quest'ultimo – anche per la numerosità assoluta delle istituzioni (oltre 200 nuove costruzioni in dieci anni) – in modo assai più drastico e meno reversibile.Nel medio periodo il sistema sarà più privato e più orientato al mercato . Sarà questo un bene o un male? Le attività di ricerca e di sperimentazione plausibilmente si concentreranno nei musei più grandi o si disperderanno negli spazi indipendenti a basso budget. Le istituzioni culturali saranno più vincolate a compiti di entertainment sofisticato. Ma la sfida principale resta sullo sfondo, perché il mercato dell'arte non è solo un sistema di scambio, è un modo di istituire l'arte nella contemporaneità, di renderla possibile, capace di resistere (almeno un po' ) al gioco feroce che porta l'arte fuori dal campo artistico e filosofico per ridurla a simulacro della possibilità di riscattare la natura interscambiabile e provvisoria del senso della vita, propria di un tempo in cui si tende a sradicare ogni consistenza metafisica dagli oggetti e dai gesti quotidiani.La domanda per il futuro sarà quindi: può il mercato essere un rimedio al nichilismo? Per la risposta aspettiamo le Sales autunnali...