Amici e parenti fanno bene alla salute degli immigrati
Chi trova un amico trova un tesoro di salute. E se, anziché un amico, si tratta di un parente, meglio ancora. Carlo Devillanova dell'Università Bocconi, analizzando più di 10.000 questionari compilati da immigrati irregolari che hanno ricevuto assistenza medica dal Naga di Milano nel corso di 18 mesi, osserva che la rete sociale, costituita da amici e parenti, è la fonte di informazione più efficace per accedere ai servizi sanitari gratuiti prestati dall'associazione di volontariato. E ne trae conseguenze importanti per la comunicazione dei provvedimenti di welfare.
Devillanova, in un working paper intitolato Social networks, information and health care utilization: evidence from undocumented immigrants in Milan, misura il tempo intercorso tra l'arrivo in Italia del clandestino e il primo contatto con il Naga. Ebbene, chi basa la propria conoscenza dell'organizzazione su un'informazione ricevuta da parenti o amici ("legami sociali forti") accorcia i tempi del 34%. Chi si affida ad altre fonti impiega mediamente 25 mesi a contattare il Naga, chi si basa su quanto riferito da parenti o amici riduce l'attesa a 16,5 mesi. Entrando in ulteriore dettaglio, la riduzione è più marcata quando l'informazione è canalizzata da parenti.
"Il risultato dimostra che le reti sociali sortiscono un effetto informativo molto forte, che facilita l'accesso degli immigrati ai servizi sanitari. La ricerca, anzi, lo sottostima, perché in caso di malattia amici e parenti possono anche fornire forme alternative di accesso all'assistenza sanitaria, per esempio attraverso medici presenti nella comunità o aiuti monetari", spiega ancora Devillanova, "che, a parità di altre condizioni, potrebbero allungare i tempi di accesso al Naga. L'effetto informativo controbilancia e supera questi influssi".
L'effetto è più forte per i meno istruiti e più debole per i più istruiti, che dispongono delle risorse cognitive e linguistiche per battere strade alternative ed eventualmente uscire velocemente dalla condizione di clandestinità. L'effetto si mitiga progressivamente, passando dal 60% di riduzione dei tempi di accesso per chi ha la sola licenza elementare, al 4% per chi ha un'istruzione universitaria.
"Nei legami sociali forti è importante la dimensione della fiducia", spiega ancora Devillanova. "Il solo fatto di rivolgersi a un'associazione può essere vissuto come pericoloso da clandestini che temono di essere espulsi. La fonte d'informazione familiare o amicale rassicura rispetto a questo rischio".
La ricerca è importante per il dibattito sul welfare agli immigrati perché indica una possibile direzione per migliorare i tassi di accesso ai benefici spesso previsti dalle politiche pubbliche ma raramente sfruttati dagli immigrati, anche regolari. L'analisi del funzionamento di queste politiche in tutto il mondo dimostra che il vero problema non è l'eccesso di domanda e il conseguente esaurimento delle risorse, bensì la forte resistenza a richiedere i benefici. I risultati del working paper suggeriscono che il tasso di accesso può essere elevato comunicando tali politiche secondo modalità che sfruttino l'effetto moltiplicatore delle reti sociali di informazione, per esempio concentrando la pubblicità sui luoghi di incontro degli immigrati o utilizzando i media autogestiti, diretti alle comunità straniere presenti sul territorio.
Questo approfondimento è collegato al focus "Gli immigrati egiziani? Sono consumatori postmoderni"