5 modi di essere GREEN
La domanda più diffusa negli scorsi mesi in materia di innovazione e ambiente era: la batteria domestica di Tesla potrebbe cambiarci la vita? Si tratta di una batteria da tenere in casa che accumula energia solare e la converte in elettrica, per alimentare tutti gli apparecchi, auto elettrica compresa. Si chiama Powerwall e Elon Musk, fondatore di Tesla Motors, ma anche di Space X, PayPal e SolarCity, l'ha presentata spiegando che «renderà inutili le reti elettriche tradizionali». Sarà vero?
Tesla, fondata in California nel 2003, produce solo auto elettriche. Nel 2014 è riuscita a venderne circa 30mila e capitalizza oltre 30 miliardi di dollari (per inciso, FCA capitalizza circa 20 miliardi, avendo chiuso il 2014 con oltre 4,5 milioni di auto vendute nel mondo). In attesa di scoprire come andranno a finire batterie domestiche e auto elettriche a impatto zero, la crisi sistemica che stiamo attraversando ha fatto emergere le contraddizioni e le difficoltaÌ€ del modello di sviluppo attuale, aumentando i divari sociali e ponendo seri interrogativi sulla sua sostenibilitaÌ€ di lungo periodo. Il World business council for sustainable development nel suo Vision 2050 project ha calcolato che con gli attuali livelli di produzione e consumo (business as usual path) nel 2050 avremo bisogno di risorse naturali pari all'equivalente di 2,3 pianeti per garantire il mantenimento della popolazione mondiale che sarà di quasi 10 miliardi.
Essere green vuol dire insistere sulla necessità di una nuova economia positiva che si impegna per le generazioni future a prendere in considerazione prospettive di lungo termine, e mettere fine alla dittatura dell'urgenza, del breve periodo, imposta dal mondo della finanza alle altre imprese. In che modo le aziende possono essere green e giocare un ruolo nell'economia positiva e in particolare nell'attenzione alle future generazioni per conservare e tutelare l'ambiente a fronte degli ingenti costi sociali e dei rischi economici legati al crescente degrado del capitale naturale?
Il 90% dei manager coinvolti nell'ultima delle indagini in ambito UN Global compact (2014) ritiene che si possano efficacemente affrontare le sfide connesse ai problemi ambientali. Così sono oltre il 60% delle multinazionali ad aver aumentato gli investimenti in soluzioni eco-friendly. Concetti quali eco-efficiency, pollution prevention, carbon footprint, design for the environment, cradle to cradle si sono progressivamente diffusi tra le imprese fino a diventare parte del linguaggio manageriale. E le aree di impatto ambientale sulle quali lavorare sono davvero tante.
Tra le grandi corporation è emblematico l'esempio di Unilever che con il lancio del Sustainable living plan nel 2010 si è proposta di raddoppiare i ricavi entro il 2020, dimezzando l'impatto ambientale (per esempio, ottenendo il 100% di materie prime da fornitori che praticano un'agricoltura sostenibile), e oggi nel 2015 sono ad oltre la metà!
Oppure, Microsoft che ha introdotto nel 2012 una tariffa interna sul carbonio, ha ridotto le sue emissioni di 7,5 tonnellate di CO2 equivalente e ha risparmiato circa 10 milioni di dollari ogni anno. E ancora la sfida intrapresa da Biochemtex e Beta Renewables, leader nel settore delle biomasse non alimentari per la produzione di biocarburanti avanzati e composti biochimici a costi competitivi, proprietaria di più di 1.000 brevetti con la produzione di bioetanolo da scarti agricoli o da piante a uso non alimentare su scala industriale. Venendo all'Italia, nell'anno dell'Expo – nutrire il pianeta. energia per la vita - c'è la Barilla (Buono per te, Buono per il pianeta) che per esempio con la rotazione delle coltivazioni riduce le emissioni di CO2 di oltre il 50%.
Ma anche gli investitori possono dare il loro contributo green: attraverso l'advocacy, investitori che hanno scelto di non uscire da settori poco verdi, ma che ci rimangono per cercare di condizionare la condotta dell'industria, o attivamente promuovendo iniziative di impact investing dirette alla conservazione della natura.