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11 settembre, Iraq, integrazione europea: parlano Ruggiero e D’Alema

, di Andrea Celauro
I due ex ministri hanno ripercorso il proprio mandato a “I ministri degli Esteri raccontano. Trent’anni di politica estera italiana”, il ciclo di incontri organizzato con la Fondazione La Malfa

Quando si dimise dalla carica di ministro degli Esteri, nel giugno del 2002 dopo un anno di lavoro al dicastero, si disse che Renato Ruggiero non fosse in buoni rapporti con l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. "La realtà è un'altra: fu una separazione consensuale, come ebbe a dire Enrico Letta". Lo ha sottolineato ieri pomeriggio lo stesso Ruggiero all'incontro del ciclo "I ministri del tesoro raccontano. Trent'anni di politica estera italiana", organizzato da Bocconi e dalla Fondazione Ugo La Malfa e del quale è stato protagonista anche Massimo D'Alema.

Ruggiero, spiegando come la sua nomina a ministro rappresentasse la ricerca di una figura bipartisan che continuasse nel solco dell'atlantismo e dell'europeismo, ha ricordato il momento dell'entrata in vigore dell'euro come una delle ragioni principali che lo portarono a dimettersi: "Ci furono una serie di reazioni, da parte di Tremonti, Bossi e Martino, molto diverse da quelle che avrebbero dovuto esprimere una vittoria e che mi provocarono amarezza. Di conseguenza, Berlusconi ed io decidemmo di separarci in amicizia e anzi cercammo di evitare qualsiasi polemica".

Il lavoro di quell'anno ha visto Ruggiero impegnato su diversi fronti. Come il G8 di Genova, tristemente famoso per gli scontri tra manifestanti e polizia. "In realtà quel vertice fu importante perché riuscimmo a creare un fondo di 1,5 miliardi di dollari per combattere malattie quali l'Aids e la tubercolosi e riuscimmo a dare grande centralità ai problemi dell'Africa nell'agenda, con la partecipazione di molti capi di stato del continente". O come, pochi mesi dopo, l'attentato alle Twin Towers dell'11 settembre. "Un evento che ha cambiato la storia del mondo, ma che, accanto alla tragedia, ha mostrato un aspetto positivo: la reazione di grande solidarietà della comunità internazionale". E questa "influenza positiva" ha toccato anche il processo di costruzione europea, secondo Ruggiero, "poiché ha creato una rete giuridica per la lotta al terrorismo e ha dato il via all'idea di un trattato di costituzione europea". Progetto che oggi, dopo l'ennesimo referendum negativo (in Irlanda), si è nuovamente arenato creando "una situazione insostenibile".

Lo stesso rilancio del processo di integrazione europea è stato il primo problema col quale si è confrontato anche Massimo D'Alema all'inizio dei suoi due anni da ministro degli Esteri, tra il 2006 e il 2008: "Dopo i referendum olandese e francese il processo era in impasse. L'Italia si è impegnata per rilanciarlo e per ristabilire un rapporto positivo tra questo e le opinioni pubbliche dei paesi europei. Qualsiasi idea di politica estera che metta in conflitto interesse nazionale ed europeo è infatti sbagliata. Non c'è dubbio che l'Europa avrà un peso solo se sarà unita". La ricerca di questa unità "è una sfida irrinunciabile per l'Italia", sebbene "forse abbiamo sbagliato ad allargarne i confini prima di rafforzarla".

Sull'Iraq, la politica estera italiana virò verso il ritiro delle truppe, azione che poteva rappresentare uno strappo con il governo americano. "Volevamo uscire da questa situazione, ma senza rompere con gli Usa, anzi riqualificando il rapporto con loro", ovvero "uscire dalla logica della guerra al terrorismo per scegliere quella di un contrasto politico che potesse prevedere anche la guerra, ma non solo. Oggi Obama dice di voler rinsaldare il sistema di alleanze degli Usa e ridare prestigio al paese, un'affermazione che sottolinea come l'unilateralismo di Bush abbia danneggiato gli Stati Uniti".

D'Alema parla del Libano ("credo che sia stato giusto ritirarsi da una guerra sbagliata, l'Iraq, e impegnarsi in un luogo dove in 5 anni c'erano stati 12 mila incidenti e dove ora non si spara più") e dell'impegno dell'Italia in Medioriente. A questo proposito, l'ex ministro sottolinea "che la filosofia dell'intervento italiano nell'area è stata tesa al rilancio della questione del conflitto israelo-palestinese, del multilateralismo e all'allargamento dell'area di influenza della politica estera del paese verso la grandi realtà geografiche come l'America Latina o l'Asia". Così, secondo D'Alema, "l'Expo 2015 a Milano è stato vinto anche grazie al fatto che l'Italia si era riguadagnata in quegli anni un prestigio internazionale. L'Italia è un paese che può esercitare un ruolo significativo: pur con i nostri limiti godiamo di una grande credibilità e di una diffusa simpatia".