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In Vietnam, dove ogni figlio ti rende piu' povero

, di Bruno Arpino - ricercatore presso il Centro Dondena Bocconi di ricerca sulle dinamiche sociali
Fecondità. Un lavoro scientifico misura la riduzione delle spese per consumi dei nuclei più numerosi

Quando in Vietnam s'incontra qualcuno con un bambino piccolo, non bisogna dire "com'è bello!". I vietnamiti, infatti, credono che gli spiriti porterebbero via l'anima del bambino. Si è soliti, invece, esclamare: "che brutta goccia di fango!". Questa superstizione è probabilmente legata al livello di mortalità infantile, che resta elevato, nonostante lo sviluppo economico degli anni Novanta. Secondo i dati della Banca Mondiale, la percentuale di popolazione al di sotto della linea di povertà è passata dal 58% nel 1993 al 37% nel 1998. La riduzione della povertà è continuata anche negli anni successivi, seppur a un ritmo inferiore. Tuttavia la povertà, soprattutto nelle aree rurali, resta un fenomeno nientaffatto residuale.

Le famiglie più povere sono solitamente anche quelle con fecondità più elevata. Tale associazione positiva tra povertà e fecondità si riscontra anche in altri paesi in via di sviluppo, e porta a pensare a un nesso di causalità tra i due fenomeni. Tuttavia, le famiglie che hanno più figli potrebbero essere contraddistinte da altre caratteristiche (basso livello d'istruzione, ad esempio) che le rendono più povere. In tal caso il loro minor benessere economico non sarebbe imputabile al livello di fecondità. Un recente lavoro in corso di pubblicazione (Bruno Arpino e Arnstein Aassve, Estimating the causal effect of fertility on economic wellbeing: data requirements, identifying assumptions and estimation methods, in pubblicazione su Empirical Economics), impiega una serie di tecniche statistiche per stimare l'effetto causale della fecondità sulla povertà, utilizzando un'indagine (Vietnam Living Standard Measurement Survey) condotta in Vietnam nel 1993 e 1998. L'obiettivo del lavoro è stimare l'effetto che la nascita di un figlio nel periodo considerato ha prodotto sul benessere economico delle famiglie vietnamite, misurato dalla crescita della spesa per consumi (deflazionata temporalmente e spazialmente e rapportata alla dimensione familiare tramite una scala di equivalenza). Nell'articolo si pone l'accento sul fatto che per stimare tale effetto causale è necessario far ricorso ad assunzioni sul meccanismo con cui le famiglie decidono di avere figli. Questo è dovuto al fatto che per le coppie che hanno avuto figli non si può osservare il benessere economico che avrebbero avuto se non avessero deciso di avere un figlio. Un possibile modo per risolvere il problema consiste nel confrontare il benessere di una famiglia che ha avuto un figlio con quello di un'altra famiglia identica alla prima, eccetto per il fatto di non aver avuto un figlio. Tramite questo accoppiamento si riesce ad isolare l'effetto della fecondità sulla povertà da quello di terze variabili associate ad entrambi i fattori. Utilizzando questo metodo, si trova un forte effetto della fecondità sulla povertà: le famiglie vietnamite che sono state interessate dalla nascita di almeno un bambino hanno avuto una riduzione della spesa per consumi, rispetto al caso in cui tale evento non si fosse manifestato, di circa 350.000 dongs. Tale cifra è considerevole se si pensa che la crescita media del consumo familiare tra il 1993 e il 1998 è stata di 1.285.000 dongs. Impiegando tecniche statistiche alternative si trovano risultati simili.Da quest'analisi si evince che le famiglie con più figli sono quelle a maggior rischio povertà. Di conseguenza, gli interventi di policy in tema di pianificazione familiare potrebbero avere anche una funzione di alleviamento della povertà. Una politica che prevedesse, ad esempio, l'incremento della disponibilità di contraccettivi potrebbe avere una ricaduta indiretta sulla riduzione della povertà tramite un miglior controllo delle nascite. Tuttavia, gli autori stimano che tale effetto potrebbe prodursi soltanto su una porzione limitata della popolazione vietnamita (1% circa). Si tratta di coloro che attualmente vivono nelle poche aree ancora non coperte da ospedali o altri centri che forniscono contraccettivi e che reagirebbero positivamente alla maggior disponibilità di contraccettivi, adottandone l'uso.