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Salvataggi che non salvano il penalista

, di Francesco Mucciarelli - professore associato di diritto penale del Dipartimento di studi giuridici della Bocconi
Bancarotta. I dubbi sull'introduzione di alcune norme di stampo privatistico

I reati di bancarotta rappresentano, nell'ambito dei reati economici, il presidio rispetto alla fase patologica estrema della gestione criminale dell'impresa. L'assetto normativo attuale è sostanzialmente quello disegnato nel 1942 e, malgrado qualche non recentissimo progetto, non è in vista una prospettiva di riforma della parte penale della legge fallimentare, che pure ne avrebbe bisogno solo considerando le radicalmente mutate situazioni che oggi tale legge è chiamata a disciplinare rispetto a quelle di settant'anni fa.

Ma quella accennata è esigenza ormai risaputa e contingenze più urgenti vengono ora alla riflessione del penalista. Fra il 2005 e il 2007 significativi interventi hanno mutato lo scenario della crisi d'impresa, più precisamente introducendo procedure che la Cassazione ha definito di "matrice privatistica". L'allusione corre evidente agli istituti previsti dagli artt. 67 co. 3 lett. d), 160 e 182-bis l. f., i cui riverberi sul versante penale il legislatore ha dapprima ritenuto di non disciplinare in modo espresso, affidando all'interprete (scelta discutibile, trattandosi di una materia in cui vige il principio di legalità) la soluzione delle non lievi questioni derivanti da tali riflessi. Alla lacuna ha posto rimedio l'art. 217-bis, introducendo una "esenzione dai reati fallimentari": le perplessità iniziano già dalla denominazione dell'istituto (il termine non risponde a categorie note all'esperienza penalistica) e proseguono guardando il merito della disposizione, incentrata sulla non applicabilità di alcune fattispecie di bancarotta se i fatti sono realizzati in esecuzione di una delle procedure previste dagli articoli sopra citati. Quel che preme notare non è la pur significativa questione se sia bastevole a rendere inoperanti le incriminazioni il sol fatto che le nuove procedure siano state attivate, ovvero se sia altresì necessario (come invero sembra soluzione ermeneutica maggiormente plausibile) che la razionalità di tali procedure, cioè la loro idoneità a far uscire l'impresa dalla crisi in cui si trova, sia comunque oggetto di un giudizio da parte del magistrato penale (giudizio da compiersi secondo lo schema della prognosi postuma). A porsi ora con urgenza è questione diversa: le ricordate procedure scontano un tratto comune, rappresentato dall'esistenza di un piano industriale che disegna appunto il percorso razionale di superamento dalla crisi. E, come ognun sa, piani di tal genere sono fisiologicamente destinati a dispiegarsi in un orizzonte temporale di una qualche consistenza, sicché, nel caso di fallimento dell'impresa malgrado l'attivazione di una delle menzionate procedure, il giudizio di prognosi postuma è destinato a proiettarsi all'indietro, corrispondentemente alla scarto fra l'inizio della procedura e il fallimento, e non potrà non tener conto, tale giudizio, dell'ambito temporale nel quale il piano industriale stesso si collocava. Nell'attuale temperie, dove l'incertezza pare il tratto strutturale, quale canone dovrà (potrà?) essere razionalmente adottato per assumere che un piano industriale, destinato a svilupparsi nel futuro, è fondato su parametri e su variabili non arbitrari?E ancora: se l'orizzonte temporale del piano dovesse essere ampio (come in genere accade di fronte a situazioni di crisi di un certo livello), il coefficiente d'indeterminatezza potrebbe essere tale da far giudicare il piano stesso non razionale. Ma se, per contro, al fine di ridurre questo profilo di criticità, il piano dovesse essere compresso entro i limiti nei quali l'attuale situazione permette prognosi affidabili, potrebbe allora accadere che il tempo si riveli insufficiente a far uscire l'impresa dalla crisi. In entrambi i casi gli esiti sul versante penale appaiono incerti e, senza interventi legislativi, preoccupanti, tanto più che gli scenari futuri non inducono ottimismo circa approdi diffusamente felici di tali procedure.