Piccoli, ma con i valori al posto giusto
Quattrocentoquaranta banche di prossimità o casse rurali, oggi omogeneamente identificate come banche di credito cooperativo (Bcc): 4.000 agenzie, pari al 12% del totale operante sul territorio nazionale, 1 milione di soci, 5 milioni di clienti, 17 miliardi di patrimonio, 40 miliardi di raccolta diretta, pari al 9% del totale, 115 miliardi di impieghi di cui il 20% a imprese con meno di venti dipendenti, un coefficiente di patrimonializzazione pari al 15%, rispetto alla media del 10% del mondo creditizio nazionale. Oltre ai numeri, la sostanza: l'Antitrust, in una recente analisi in cui identifica le Bcc come quarto gruppo bancario italiano, afferma di riscontrarvi la pratica della mutualità e della partecipazione dei soci. Alessandro Azzi, bresciano, è dal 1992 presidente di Federcasse, la federazione che coordina l'attività nel credito del mondo cooperativo.
Cosa rappresenta questa realtà per le attuali vicissitudini economiche in cui versa il paese?
![]() |
Alessandro Azzi, presidente di Federcasse (foto Paolo Tonato) |
Lo scorso 24 novembre abbiamo celebrato i 125 anni di vita del credito cooperativo italiano. Nel 1883 la nascita della prima cassa rurale segnò l'inizio di una rivoluzione silenziosa, ma profondissima e feconda. La scommessa delle origini è stata vinta: l'auto-aiuto, la partecipazione, l'applicazione della logica mutualistica si sono rivelati enzimi forti e tenaci. Oggi, la crisi che stiamo attraversando suggerisce la necessità di recuperare il valore di strumento della "finanza per lo sviluppo" rispetto a quello della "finanza per la finanza". La finanza cooperativa e mutualistica, che venne giudicata alle sue origini un assurdo economico e che a lungo è stata considerata come un outsider, rivela, in questo, tutta la sua modernità per l'ancoraggio all'economia reale e per la capacità di svolgere una funzione anticiclica contro il rischio di restrizione del credito; di calmieramento dei prezzi garantendo la concorrenza sui mercati locali; di inclusione nei confronti dei piccoli operatori economici. Se a questo aggiungiamo la concreta prossimità ai territori e alle comunità locali e il vincolo a utilizzare la finanza strutturata, per esempio i derivati, solo a fini di copertura, il quadro è completo. Fino a ieri era una nostra consapevolezza, rafforzata dai numeri, oggi questo patrimonio di idee e fatti ci viene riconosciuto da commentatori e opinione pubblica.
Valori e dimensione: due temi che dunque sono parte costitutiva della vostra esperienza storica e contemporaneamente escono vincenti nel difficile contesto attuale.
Certo. E pensare che fino a qualche mese fa eravamo sotto inchiesta a Bruxelles per supposti aiuti di stato... Ricordo che nei miei primi anni di presidenza le più dinamiche casse cooperative avanzavano richieste di cambiamento della ragione sociale, volevano abbandonare la formula cooperativa. Oggi nessuno sente più come limite i valori da cui siamo nati e anzi il Codice di comportamento che ci siamo dati prevede che ogni amministratore che si ricandida a posizioni gestionali debba dimostrare di avere fatto formazione identitaria: ci interessa che quei valori non si disperdano. Il tema della dimensione delle banche associate è da noi affrontato con grande flessibilità: non esiste una dimensione ideale, se non quella che aiuta la banca ad assolvere meglio il proprio compito e ciò è legato a fattori storici e territoriali specifici. La banca è troppo piccola se non è più in grado di supportare la specifica clientela nei suoi bisogni, è troppo grande se rischia di perdere il contatto con il territorio e se i costi di struttura diventano eccessivi. Complessivamente favoriamo le aggregazioni delle nostre banche sul territorio solo dove questo risponde a particolari esigenze. In ogni caso, con Federcasse le singole banche possono diventare grandi restando piccole.
Certo. E pensare che fino a qualche mese fa eravamo sotto inchiesta a Bruxelles per supposti aiuti di stato... Ricordo che nei miei primi anni di presidenza le più dinamiche casse cooperative avanzavano richieste di cambiamento della ragione sociale, volevano abbandonare la formula cooperativa. Oggi nessuno sente più come limite i valori da cui siamo nati e anzi il Codice di comportamento che ci siamo dati prevede che ogni amministratore che si ricandida a posizioni gestionali debba dimostrare di avere fatto formazione identitaria: ci interessa che quei valori non si disperdano. Il tema della dimensione delle banche associate è da noi affrontato con grande flessibilità: non esiste una dimensione ideale, se non quella che aiuta la banca ad assolvere meglio il proprio compito e ciò è legato a fattori storici e territoriali specifici. La banca è troppo piccola se non è più in grado di supportare la specifica clientela nei suoi bisogni, è troppo grande se rischia di perdere il contatto con il territorio e se i costi di struttura diventano eccessivi. Complessivamente favoriamo le aggregazioni delle nostre banche sul territorio solo dove questo risponde a particolari esigenze. In ogni caso, con Federcasse le singole banche possono diventare grandi restando piccole.
Il futuro?
Come conseguenza di tutto quanto detto credo che rimarremo protagonisti nel sistema bancario nazionale perché le piccole banche locali hanno ancora un ruolo da svolgere. Al paese e al suo originale modello di sviluppo serve la loro presenza capillare sul territorio, dove la maggior parte delle imprese nasce e ha sede, la loro conoscenza di persone e luoghi che è garanzia di buone raccolte, anche di questi tempi, e più efficienti affidamenti. Perciò ci impegniamo a sostenere il processo di creazione di nuove Bcc, soprattutto al Sud dove siamo sempre stati meno presenti. Queste banche svolgono un ruolo di primo piano nel processo di mantenimento e di sviluppo della ricchezza di tante zone del paese: anche l'articolo 2 dello statuto tipo adottato da ciascuna di esse riafferma come finalità propria quella di fare crescere il territorio. Nel frangente dell'attuale crisi ciò si accompagna a interventi concreti a favore di chi si trovi nel bisogno: c'è, ad esempio, la disponibilità a sottoscrivere accordi con locali associazioni di categoria, sindacati e comuni e province per anticipare, senza interessi e senza spese, la cassa integrazione laddove l'Inps ne ritardi l'erogazione. E ciò anche nel caso in cui il diretto interessato non sia cliente della banca. È un modo per ribadire, nelle mutate condizioni economiche, il compito storico del perseguimento del bene comune.
Come conseguenza di tutto quanto detto credo che rimarremo protagonisti nel sistema bancario nazionale perché le piccole banche locali hanno ancora un ruolo da svolgere. Al paese e al suo originale modello di sviluppo serve la loro presenza capillare sul territorio, dove la maggior parte delle imprese nasce e ha sede, la loro conoscenza di persone e luoghi che è garanzia di buone raccolte, anche di questi tempi, e più efficienti affidamenti. Perciò ci impegniamo a sostenere il processo di creazione di nuove Bcc, soprattutto al Sud dove siamo sempre stati meno presenti. Queste banche svolgono un ruolo di primo piano nel processo di mantenimento e di sviluppo della ricchezza di tante zone del paese: anche l'articolo 2 dello statuto tipo adottato da ciascuna di esse riafferma come finalità propria quella di fare crescere il territorio. Nel frangente dell'attuale crisi ciò si accompagna a interventi concreti a favore di chi si trovi nel bisogno: c'è, ad esempio, la disponibilità a sottoscrivere accordi con locali associazioni di categoria, sindacati e comuni e province per anticipare, senza interessi e senza spese, la cassa integrazione laddove l'Inps ne ritardi l'erogazione. E ciò anche nel caso in cui il diretto interessato non sia cliente della banca. È un modo per ribadire, nelle mutate condizioni economiche, il compito storico del perseguimento del bene comune.