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Perche' il ricco preferisce la redistribuzione all'istruzione

, di Gunes Gokmen
L'istruzione sovverte la cattiva distribuzione del talento che rallenta lo sviluppo economico, ma che favorisce i figli dei più abbienti. Ecco perché la preferenza tra spesa in istruzione e in redistribuzione varia a seconda del reddito, spiega Paola Profeta in un articolo scritto con Michele Bernasconi

Un recente articolo di Paola Profeta (Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management Pubblico) e Michele Bernasconi (Università di Venezia Ca' Foscari) dimostra che quando le politiche redistributive e dell'istruzione sono oggetto di scelta tramite votazione tra poveri e ricchi, le scelte dei due gruppi potrebbero divergere. Se prevalgono le preferenze dei più abbienti, il risultato potrebbe anche essere un ritardo del progresso economico. In particolare, quando i più ricchi hanno anche più influenza politica, essi preferiscono una minore spesa in istruzione per mantenere l'inefficiente distribuzione del talento (talent mismatch) che caratterizza l'economia e che favorisce i loro figli, anche quando abbiano scarso talento. Il che comporta dei costi d'efficienza che rallentano lo sviluppo economico.

Nell'articolo Public Education and Redistribution When Talents are Mismatched di prossima pubblicazione in European Economic Review (doi: 10.1016/j.euroecorev.2011.06.001) gli autori indagano come i livelli e la ripartizione della spesa pubblica determinata dai politici eletti sia influenzata dal processo politico. Nello specifico, analizzano come vengano determinati i livelli di spesa pubblica in istruzione e redistribuzione e quali impatti abbiano su disuguaglianza, crescita e mobilità sociale. Nel modello si mostra come i poveri preferiscano maggiore istruzione rispetto alla semplice redistribuzione della ricchezza, mentre i ricchi, al contrario, optino per politiche di redistribuzione diretta. L'istruzione, infatti, permette anche ai figli dei meno abbienti di essere riconosciuti per il loro talento e di trovare un lavoro che lo rispecchi.

Partendo dalla premessa che il talento non può essere perfettamente osservato, gli autori sostengono che la presenza di informazione imperfetta pone le basi per un'inefficiente allocazione del talento incrementando la probabilità di mantenere lo status quo. I figli delle famiglie ricche, infatti, hanno una maggiore possibilità di trovare un lavoro ben retribuito, indipendentemente dal loro talento. Gli investimenti pubblici, secondo gli autori, possono ridurre questa inefficienza. Maggiore istruzione, infatti, migliora la capacità della società di identificare correttamente il vero talento di un individuo.

Gli autori studiano un equilibrio politico di un gioco elettorale in cui i genitori ricchi e poveri, in base alle loro preferenze, votano l'allocazione della spesa pubblica tra redistribuzione per se stessi e istruzione per i propri figli. Poiché l'istruzione pubblica offre a tutti i figli la possibilità di essere riconosciuti per il loro talento, favorisce la mobilità sociale. Questo spiega perché i meno abbienti siano più favorevoli d un aumento di spesa per l'istruzione. Al contrario, i ricchi preferiscono altre forme di spesa pubblica, tra cui la redistribuzione, pur di mantenere l'inefficiente allocazione del talento e limitare la mobilità sociale.

Bernasconi e Profeta mostrano che la presenza di individui di basso talento in posizioni qualificate comporta costi d'inefficienza e risulta dannosa per la crescita. Più spesa pubblica per l'istruzione ha, quindi, un duplice effetto positivo sulla crescita: aumenta il livello di capitale umano nell'economia e riduce la probabilità di allocazioni inefficienti delle abilità.

Infine gli autori suggeriscono che le economie politicamente influenzate dai più abbienti mostreranno livelli di istruzione e di crescita inferiori ed un più basso livello di mobilità sociale rispetto a quanto accadrebbe in un regime politico sostenuto dai poveri.