L'ibrido che piace
A partire dal debutto in Europa nel 2000 e, poco più tardi, nel 2002 in Italia su Piazza Affari, gli Etf, Exchange traded funds, hanno guadagnato notorietà e popolarità. Non è difficile riconoscerne la ragione nella natura ibrida degli Etf. Essi, infatti, combinano le caratteristiche di un fondo comune aperto con quelle di un'azione quotata, con l'effetto finale di rendere disponibile, anche al piccolo risparmiatore, un organismo di investimento collettivo per le cui quote esiste un mercato secondario dove le stesse possono essere continuamente negoziate (possibilità preclusa ai tradizionali fondi comuni). Gli Etf sono caratterizzati da una gestione passiva e, quindi, da un semplice obiettivo di replica, la più fedele possibile, della performance (cioè dei rendimenti) di un indice di mercato.
Sulla scorta di questo successo, negli anni più recenti si è assistito a un ampliamento della gamma e/o della complessità dei prodotti comunque presentati sulla stampa o in circostanze promozionali ai potenziali investitori come omogenei o fortemente somiglianti agli Etf tanto da essere tutti accomunati in un unico acronimo: Etp, Exchange traded products. Così è accaduto per gli Etc, Exchange traded commodities, e per gli Etn, Exchange traded notes. L'uso di un termine generico Etp per questa serie di prodotti dovrebbe però essere visto con preoccupazione in quanto fuorviante e capace di ingenerare confusione negli investitori. Se, da un lato, i prodotti condividono l'aspetto della negoziazione su mercati regolamentati, dall'altro lato presentano differenze che meritano di essere sottolineate. Sotto il profilo giuridico, gli Etf si distinguono da Etc ed Etn per il fatto che solo i primi sono Oicr, Organismi di investimento collettivo del risparmio, mentre gli altri sono strumenti di debito senza scadenza emessi da società veicolo. Le implicazioni in termini di diverso livello di protezione per l'investitore non possono essere omesse. Un Oicr è un patrimonio autonomo e separato da quello del soggetto gestore, pertanto immune da un'eventuale situazione di difficoltà o insolvenza di quest'ultimo. Etc ed Etn, invece, espongono al rischio di credito associato all'emittente; le loro vicende non possono ritenersi del tutto estranee a quelle dello sponsor e il fatto che questo sia una società veicolo e non una società con business diversi determina un'attenuazione del rischio d'insolvenza, non la sua totale eliminazione. Al diverso inquadramento giuridico si ricollega una diversità rilevante sul piano finanziario. Gli Etf europei sono fondi armonizzati: il loro portafoglio di investimento è cioè conforme alle direttive europee, le cosiddette Ucits III e IV. Queste ultime impongono regole stringenti a favore della diversificazione e, difatti, l'oggetto di clonazione di un Etf non può che essere un benchmark diversificato. Nessuna compliance a questa legislazione è però richiesta a Etc ed Etn. Di conseguenza esse possono mirare a clonare gli effetti di una esposizione anche verso una singola commodity (per le Etc) o verso una singola valuta o asset (per le Etn). Per questo il raggruppamento di Etf con Etc ed Etn può essere problematico. Da qui l'auspicio che la proposta dell'associazione delle Consob europee (l'Esma) di introdurre un elemento distintivo nella denominazione, nel materiale per azioni di marketing e non solo nei prospetti informativi dei vari prodotti possa concretizzarsi.